Charlie, il piccolo che divide il mondo

Ultima modifica 14 Ottobre 2019

Ci sono malattie e malattie, alcune curabili altre no, alcune rare per le quali i ricercatori stanno trovando rimedi, altre rarissime per le quali, ad oggi, non esiste alcun rimedio.

Quest’ultimo il caso di Charlie, il piccolo bimbo inglese, per il quale i medici hanno chiesto di staccare le macchine che gli permettono di respirare.

I genitori si sono ribellati e hanno adito tutte le vie legali possibili per scongiurare il fatto.
Pochi giorni fa l’ultima sentenza: hanno ragione i medici.
Poi le affermazioni del Papa: ‘ bisogna dare retta ai genitori’.

La gente è divisa: è possibile che siano i giudici a decidere sulla vita e sulla morte di una persona?
… sopratutto di un bimbo di pochi mesi che non può dire la sua.

Questo è il problema del quale non volevo occuparmi, troppo grande per me, ma ieri è accaduto un fatto…
Una signora che ascolto per caso sull’autobus verso casa stava dicendo:’ …mia mamma è morta da due anni e io ne sento moltissimo la mancanza. Era semiparalizzata, non riusciva quasi a parlare, non si alzava mai, rimaneva tutto il giorno sulla carrozzella. La servivo in tutto, e per tutto, ma era li. Con me.
Negli ultimi tempi faceva delle strane smorfie, come se volesse dirmi che stava soffrendo. Come vorrei che fosse ancora li, che mi guardasse dalla sua sedia, che mi facesse compagnia anche con la sua sola presenza. Mi mancano le sue smorfie.

Qualcuno penserà… cosa c’entra questo con Charlie?
C’entra perchè quella donna stava pensando solo a se stessa.
Desiderava uno sguardo, anche se assente, una presenza, anche senza una parola.
Non le importava, forse, che la madre potesse soffrire.
Rimpiangeva la sua presenza, per se stessa. Ma sua mamma? Ha pensato solo per un attimo che magari sua mamma desiderava semplicemente chiudere gli occhi?

Allora ho pensato al caso di Charlie, a quel bambino affetto da una rarissima sindrome, che  lo paralizza, gli impedisce ogni impulso vitale, non gli permette di respirare, di nutrirsi, di fare neppure un piccolo movimento e per la quale a parere dei medici del centro di eccellenza in cui è ricoverato, non esiste rimedio alcuno.
Non esiste per il piccolo nessuna possibilità di vita.

E’ questo anche il parere dell’illustre medico statunitense che si era offerto di provare una sua cura sperimentale, no, per lui non è possibile.

Poi, informandomi, ho letto che il piccolo è completamente sedato, perchè anche se non ha possibilità di movimento, sente il dolore.

E’ straziante il solo pensiero.
Se non fosse attaccato a quella macchina non sarebbe in grado di respirare, se non fosse riempito di antidolorifici soffrirebbe le pene d’inferno.
Questa è ora la sua vita. Ma è vita o quelle macchine, quei farmaci sono inutili accanimenti di una terapia senza fine, senza meta, senza risultati?

Certo, probabilmente quei genitori sperano in un miracolo, in un’improvvisa e subitanea scoperta di un farmaco che possa dargli la vita o, almeno, attenuino quella gravissima sindrome che lo tiene immobilizzato e incoscente.

Si può staccare la spina?

La speranza di un miracolo esiste sempre, soprattutto per un genitore.
Vivere o morire. Non può essere comunque la decisione di un giudice.

Meglio sarebbe stendere un velo di silenzio, lasciare che le trombe smettano si squillare, lasciare che quei poveri genitori possano staccarsi dal figlio, possano lasciarlo andare.
Spegnamo i riflettori, i dibattiti senza costrutto e lasciamoli trovare da soli i modi ed i tempi per dare l’addio al loro piccolo, tanto amato, le parole pro e contro non servono a nulla se non a rinfocolare il loro dolore.

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