Cutting: moda tra adolescenti o richiesta di ascolto?

Ultima modifica 20 Giugno 2019

Un gruppo di ragazzine, dai 12 ai 16 anni circa, raccontano di procurarsi dei tagli sulle braccia o sulle gambe, quotidianamente, singolarmente o come pratica di gruppo, dicendo che ciò le fa stare bene.
Gli adulti, giustamente, rimangono stupiti di fronte a tali usanze.
I perché, che spiegano tale comportamento, sono diversi.

Il cutting serve come mezzo per comunicare la propria sofferenza emotiva: il taglio è visibile all’altro, alla famiglia e quando per esempio si sente poco ascoltato.
Inoltre, se le emozioni in questo periodo appaiono come qualcosa di esplosivo ed incontrollabile, trasformarle in tagli e trasferirle dalla mente al corpo, dà un senso di visibilità, quindi di controllabilita’ e sicurezza.

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Sempre secondo l’ottica della relazione, tagliarsi vuole anche dire far preoccupare l’altro, la famiglia, ed attivare così l’accudimento.

I genitori, spesso preoccupati di quanto accade, desiderano aiutare il/la proprio/a figlio/a e questa forma di SOS permette all’adolescente di rimettersi nei panni del bambino accudito che è stato, traendo giovamento dalla relazione.

Un secondo motivo riguarda il rapporto con il proprio corpo.

Il corpo dell’adolescente si trasforma nel tempo, passando da una fisicità di bambino ad una fisicità di adulto.
Questo rappresenta un passaggio psichico difficile da elaborare, perché il nuovo corpo a volte non piace, altre volte richiede di prendere le misure, conoscerlo, adattarsi ad esso.
L’adolescente può arrivare ad odiare il proprio corpo, le sue trasformazioni e così arrivare ad attaccarlo, ad esempio tramite il cutting, per distruggerlo e non averci a che fare.

Un terzo emotivo riguarda il bisogno di regolare l’umore.

Tagliarsi diventa il sostitutivo del calmarsi.
Ciò avviene maggiormente quando nella storia di crescita dell’adolescente sono presenti dei grossi traumi, la cui difficile accettazione psichica provoca comportamenti “borderline” , ovvero sommariamente comportamenti impulsivi, aggressivi, uno stato dell’umore ballerino.
Sempre in quest’ottica, l’adolescente con una storia difficile utilizza il corpo come una sorta di diario, dove raccogliere le proprie esperienze, le proprie emozioni, i propri pensieri.
La superficie del corpo è come una pagina da riempire, con tagli, tatuaggi o quant’altro.

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Detto questo, cosa può fare un genitore?

Stando alla prima spiegazione dei perché, se l’adolescente chiede di essere riconosciuto come adulto, un genitore non deve dimenticare che chiede anche un aiuto, magari implicito, per conservare una parte di sé piccola, ancora necessaria di accudimento. È quindi importante esserci, silenziosamente, come custodi ed esperti delle loro emozioni difficili.
A ciò si lega il secondo motivo citato, ovvero il rapporto con il proprio corpo.
È utile che l’adulto accompagni alla scoperta, alla conoscenza di esso, all’accettazione dei cambiamenti, già a partire dalla pre-adolescenza.
A seguire, la funzione rassicurante, calmante, contenitiva descritta nel terzo motivo, può essere assunta dal genitore, costruita nel tempo nella relazione con il/la proprio/a figlio/a e mantenuta, sostituendosi al significato del cutting secondo quest’ottica.

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