Esiste davvero una sessualità ‘normale?’!

Ultima modifica 18 Giugno 2018

Pochi giorni fa abbiamo parlato delle Parafilie, ovvero i disturbi del comportamento sessuale come ce li raccontano i Manuali più illustri.
Ecco, quello che non vi ho detto, ma che probabilmente già sapete, è che la sessualità oggi ha preso una piega decisamente diversa dai primi anni in cui sono stati redatti questi manuali… che infatti ogni anno si devono aggiornare e devono state pure attenti ad esprimersi in modo “politicamente corretto”.

L’omosessualità, per esempio, fino a qualche dizione fa era considerata un disturbo dell’identità di genere.
Il travestitismo in quest’ultima edizione (DSM V) ha subito notevoli cambiamenti nella sua definizione.

Vi sarà capitato di sentire la notizia di quegli adulti che amano mettersi ciuccio e pannolino atteggiandosi da bebè?
Siamo all’interno della categoria del Fetiscimo sessuale che si materializza in fantasie ricorrenti legate al sesso, esigenze e tensioni o comportamenti incentrati in questo caso specifico su una condizione di regressione infantile in cui si mettono in atteggiamenti neonatali in contesti ben strutturati per l’occasione.

Non riuscite ad immaginarvelo?
Si tratta di stanze allestite come degli asili in cui l’adulto si trova a bere il latte da un biberon con indosso un pannolino. Ovviamente deve seguire gli ordini delle maestre.
Un vero e proprio role playing tipico del feticismo.
E certe notizie non dico siano all’ordine del giorno… ma quasi.

Ma parlando di sessualità mi chiedo: cosa è normale nel 2017?
E sopratutto, esiste una sessualità “normale”?
Dove stigmatizzare è da bigotti e dove invece è necessario?
Ci dobbiamo spaventare davanti a tutto quello che non è convenzionale e ammesso e dobbiamo sentirci colpevoli anche solo a fare fantasie fuori dal comune?

Chiariamo subito che il termine normale è brutto, a mio parere, preferisco molto di più usare l’aggettivo sano.

Cosa può essere considerato trasgressivo ma allo stesso tempo sano al giorno d’oggi?

Una parafilia è innanzitutto considerata ossessione sessuale deviante, in qualche modo una fantasia fuori dal comune.
È bene sottolineare che il parametro da considerare se una condotta sessuale tende alla parafilia è cambiato nel corso della storia, e molto. Se pensiamo che certe pratiche come la masturbazione e sesso orale sono stati considerati parafilie fino alla metà del XX secolo ci viene quasi da ridere.

Nelle scorse edizioni del DSM, la famosa Bibbia dei disturbi mentali (già citata nel mio scorso articolo), i disturbi parafilici venivano spesso mal interpretati come qualsiasi comportamento sessuale inusuale. Nel DSM V si asserisce per la prima volta in maniera decisa che “molte persone con desideri sessuali atipici non hanno un disturbo mentale”.
Sono molto d’accordo.

Ma il confine tra normalità e patologia?

Anche qui il DSM 5 cerca di sgombrare i dubbi.
Per essere diagnosticato con un disturbo parafilico, il DSM 5 richiede che persone con questo interesse lo vivano con personale angoscia, non derivante semplicemente dalla disapprovazione sociale, che, c’è da dire, non manca (specialmente alla lettura di certe notizie).
Ma se non c’è un desiderio o comportamento sessuale che comporti un disagio psichico, delle ferite (o la morte) di un’altra persona, o un desiderio per comportamenti sessuali che coinvolgano altre persone incapaci di dare un valido consenso o coinvolte a loro insaputa il disturbo vero e proprio non c’è.
Ma il confine è sempre lì dove si creano compromissioni nelle attività quotidiane e questi impulsi sessuali creano un disagio significativo e difficoltà interpersonali se non, come detto prima, agli altri.

L’amore è il sesso spesso vanno molto “oltre”.
La sfida alla scoperta di questo confine è aperta.

® Riproduzione Riservata

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