Il pianto dei neonati

Ultima modifica 23 Gennaio 2018

Solamente intorno al 4-6° mese possono comparire le prime lallazioni, successivamente le prime parole e a seguire una progressiva espansione del vocabolario, fino alla composizione di brevi e semplici frasi a partire dai 24 mesi circa.

E prima?

Il fatto che l’acquisizione della parola arrivi con i mesi e gli anni a seguire, non significa che i neonati non comunichino. Lo fanno fin da quando nascono.

Infatti non appena venuti al mondo, comunicano la propria presenza con un pianto che denuncia sia il loro arrivo sia il fatto che l’apparato respiratorio funziona.
E così sarà per alcuni mesi. Infatti i neonati non hanno altro modo di comunicare a mamma e papà, come anche ad altre figure di accudimento, se non col pianto. Piangono quando hanno fame, sonno, mal di pancia e coliche, bisogno di essere cambiati o malessere legato ai denti.

Proprio perché il codice di comunicazione è sempre lo stesso, all’inizio, soprattutto se alle prime armi, il pianto del piccolo sembra indecifrabile.

Come poter decodificare il suo pianto?

Innanzitutto partiamo dal presupposto che sicuramente ci saranno occasioni in cui possiamo sbagliare, proprio perché non è sempre così semplice interpretare il messaggio che il piccolo vuole comunicarci. Questo non ci deve né demoralizzare né tantomeno far sentire inadeguate. Si impara sul campo (perché a tal proposito, non c’è manuale che tenga!) e in parte, procedendo anche per tentativi ed errori.

neonato-piange

Imparare a riconoscere il pianto di nostro figlio richiede esperienza e allenamento, perché si tratta di imparare sintonizzarsi con e su di lui e questo non può che avvenire gradualmente mano a mano che si sviluppa quel rapporto intimo fatta di conoscenza reciproca, di attenzione, osservazione, sguardi, sorrisi, carezze, baci e abbracci.

Osservandolo, imparerete ad individuare le situazioni in cui solitamente piange e le diverse modalità con cui piange e tutto questo sarà utile per decifrare ciò che vi vuol comunicare. Ad esempio, quando hanno mal di pancia o coliche, solitamente i bambini hanno un pianto di sofferenza incessante accompagnato alla contrazione delle gambe. Dopo avrà acquisito abitudini alimentari come anche di sonno-veglia abbastanza regolari, sarete in grado di capire e di ipotizzare quando il suo richiamo è legato alla fame piuttosto che ad una probabile necessità di dormire (“Il linguaggio segreto dei neonati”, Tracy Hogg).

Comunque tenendo di conto che il pianto è pur sempre, al di là delle specifiche situazioni, una manifestazione di disagio, la prima cosa di cui il piccolo ha bisogno è di essere rassicurato e contenuto. Pertanto il fatto di essere preso in collo e cullato può essere già di per sé tranquillizzante, sia perché l’odore come anche il calore e il contatto fisico con la mamma, hanno un effetto tranquillizzante sia perché sente che la sua richiesta di aiuto è stata accolta e compresa. Inoltre talvolta, soprattutto quando il pianto è segno di disagio legato ai denti oppure alla stanchezza, l’abbraccio contenente e cullante può essere più che sufficiente.

Francesca

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