Il tempo della speranza

Ultima modifica 31 Agosto 2016

Il tempo di pannolini e notti insonni sono ormai passati. Adesso che il piccolo che mi sorrideva sempre entusiasta è un piccolo ometto di otto anni che sogna di fare il calciatore sono i pensieri sul domani che lo aspetta a tenermi sveglia alcune notti.

Ma al contrario della maggior parte dei genitori con cui mi capita di parlare io rimango un ottimista. Alcuni direbbero illusa o anche pazza. Ma io non demordo. E ora vi spiego perché.

bambino-ride

Certo lo vedo anche io il mondo in cui viviamo. E che non è un gran che al momento. O per lo meno non lo è se penso a chi ne tiene e tira i fili al governo e per come seguendo anche loro i loro meschini interessi ce lo presentano ogni giorno tv e giornali. Ma esiste un modo per non farsi sopraffare: mantenere viva la speranza. Anche quando è dura. Ma è in quel momento che si vede di che pasta di è fatti. E di che pasta speriamo siano fatti in futuro i nostri figli. Quando saranno più grandi, uomini e donne nel mondo. Un mondo che gli abbiamo costruito noi e che loro possono accettare passivamente o provare a cambiare.

Mi rifiuto di negare a me e a mio figlio la speranza.

Non credo che esista errore più grande nei confronti dei nostri figli in termini sociali. Perché per chi ne ha interesse rende molto di più l’odio, l’ egoismo , il razzismo e la paura. L’amore? La compassione? La generosità? Non rendono un euro.

Quelli che hanno abbandonato la speranza sono i genitori che si dicono “ a che serve insegnarli a comportarsi bene se poi tutti intorno non lo fanno?”. Perché a volte sembra che essere buoni, gentili, altruisti ti renda un emarginato, uno che non fa branco. C’è una vecchia canzone di Jovanotti che adoro e che può sembrare banale al primo ascolto ma che in realtà dice cose molto sagge di cui sono profondamente convinta. Ve ne cito qualche parola

“…. conosco un modo per rimanere a galla
non abboccare a questa grande balla del tempo
che ti fa cambiare che ti modella
e più vai avanti e più la vita è meno bella
Fuggi dal gruppo e pensa con la tua testa
Se riuscirai a sopravvivere lontano dal branco
non c’è noia non sarai mai stanco
fuggi dal gruppo e non lasciarti fregare….”

Oggi il vecchio uomo nero ( che era solo vestito di nero ) è stato mandato via. Scacciato nei ricordi. Ora ai bambini sento dire “ se non fai il bravo vengono gli zingari a portarti via”. Giuro lo ho sentito. A me fa venire i brividi, sentire certe cose mi fa orrore. E se già in casa mia nessun fantomatico uomo nero ha mai fatto tremare mio figlio ( basta la mia faccia se mi arrabbio credo…) sicuramente non mi sognerei mai di minacciare mio figlio una punizione tramite una razza e non per un comportamento sbagliato.

La razza che conta più della persona a cui appartiene. Questo si che uccide la speranza di un mondo e di persone migliori. Perché sappiamo bene che molto di quello che saranno i nostri figli, quello in cui crederanno e per cui penseranno valga la pena di lottare dipende da noi. Dalle nostre parole e ancor di più dal nostro esempio. Se da piccoli vengono seminati con l’odio e la paura del diverso come pensiamo possano invece imparare a convivere e anzi, ad amare e cercare il diverso, scoprirlo e accettarlo senza temerlo ma rispettandolo?

A me hanno insegnato che non importa se uno è stato maleducato con me. Io rimango lo stesso una persona educata. Non importa se nel mondo ci sono molte persone cattive, egoiste. Io devo rimanere onesta e rimanere sempre in grado di andare a dormire con la coscienza pulita.

E proprio ora, ora in questo mondo spesso davvero orrendo che si deve sperare, lottare, insistere. E’ ora che non si deve aspettare che sia qualcun’ altro a cambiare le cose, ma provare tutti a farlo. Ognuno può nel suo piccolo. E soprattutto con i propri figli. Se gli insegniamo a sperare e a lottare per i giusti ideali il mondo potrebbe cambiare. Non succederà mai solo se smettiamo di sperare.

Nathalie Scopelliti

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