Le punizioni sono efficaci?

Ultima modifica 9 Gennaio 2020

Genitori alle prese con bizze per alzarsi dal letto la mattina, per lavarsi i denti, per iniziare a fare i compiti.
Solo per rammentarne alcune fra le più comuni e frequenti.
Capricci di bambini che fin dal primo anno di vita, vogliono dire la loro.
Con l’intento di saggiare regole e limiti mettendo alla prova i genitori nella loro fermezza e convinzione e talora assumendo comportamenti sbagliati e/o pericolosi.

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Sono queste le situazioni in cui, spesso sfiniti dalla stanchezza e dall’ennesima bizza, noi genitori cediamo.

Talora assecondando i figli sperando che sia l’ultima volta pur consapevoli che è proprio l’atteggiamento accondiscendente a costituire un rinforzo di mantenimento. Altre volte attivando punizioni o minacce di punizione (“se non ti lavi i denti, oggi niente televisione”).

Ma siamo convinti che le punizioni siano efficaci e facciano bene?

Contrariamente a quanto a lungo si è pensato e qualcuno può continuare a sostenere, le punizioni non solo non funzionano ma possono avere anche effetti negativi sulla crescita psicoaffettiva dei nostri figli.

Infatti a livello educativo, la punizione ha il solo scopo di interrompere la bizza o il capriccio del momento. Di fatto però non aiuta il bambino a comprendere perché ha sbagliato e soprattutto in quale altro modo potrebbe comportarsi dinanzi a situazioni simili, al fine di evitare di reiterare reazioni sbagliate.

Inoltre la punizione, spesso associata anche a critiche assolute (“ti punisco perché sei cattivo”), rischia di indurre in nostro figlio la fallace convinzione di essere sbagliato, cattivo oppure addirittura di non essere amato.

Le punizioni suscitano solitamente reazioni di rabbia nei bambini.

Possono reagire subendole (e quindi reprimendo la rabbia) oppure ribellandosi (esternando rabbia e frustrazione), col rischio di generalizzare questi atteggiamenti (passività/aggressività) anche nel rapporto col mondo esterno.

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Gli ultimi studi effettuati dagli psicologi dell’università di Plymouth (Regno Unito) sull’impatto delle punizioni fisiche sulla salute dei bambini dell’Arabia Saudita, dove questo approccio educativo è tollerato e accettabile, hanno evidenziato che gli effetti cronici di questo tipo di atteggiamento, soprattutto se reiterato e costante, sono paragonabili a quelli di un trauma o di un abuso.

Allora come possiamo intervenire dinanzi ad un capriccio o ad una bizza?

Per interrompere un comportamento sbagliato si può intervenire in diversi modi in base alla situazione che abbiamo di fronte e al bambino.
A volte può funzionare il semplice “no” accompagnato ad uno sguardo fermo e coerente che faccia comprendere al piccolo che sta sbagliando o che deve interrompere quello che sta facendo.

In altre situazioni, possiamo provare ad iniziare noi per primi, ad esempio, a vestirci o a lavarci i denti. Questo al fine di stimolarli a ripetere a loro volta la stessa cosa e di creare un’occasione di complicità e condivisione anziché un “braccio di ferro”.

Talora si può incentivare il bambino proponendogli qualcosa di piacevole in associazione a quello che vogliamo che faccia.

Ad esempio, “dopo che ci siamo lavati i denti, ci mettiamo sotto il piumone insieme a leggere il tuo libro preferito”.
Questo approccio ricalca in positivo le orme della punizione.
Tuttavia l’attenzione anziché essere rivolta a che cosa non viene fatto ed eventualmente punito, si concentra su ciò che di positivo può venir dopo.
In modo da costituire un rinforzo all’attività precedente meno piacevole e più faticosa.

Infine, superato il momento critico, è bene incentivare sempre uno spazio di confronto con i bambini in cui discutere di quanto accaduto. E’ importante cercare da una parte di ripristinare un clima di tranquillità che faccia comprendere al piccolo che la rabbia o il “no” era rivolto a quel determinato episodio e che l’amore per lui è intoccabile e dall’altra. Dobbiamo aiutarlo a recuperare soluzioni alternative più funzionali ed efficaci.

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