“No, no e poi no!” Quando a dire di no, sono i bambini

Ultima modifica 27 Marzo 2019

Arriva una fase nello sviluppo dei bambini, intorno ai due anni, in cui il “no” diventa predominante.

I bambini scoprono che alle richieste e alle domande dei genitori, possono rispondere di “no”

Iniziano a disubbidire, sono testardi e sembrano non ascoltare o prendere in considerazione ciò che viene loro detto o ripetuto.

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Sicuramente tutto questo, visto dal punto di vista del genitore, può risultare faticoso ed estenuante: fare il bagno, vestirsi, spogliarsi, andare a letto.

Tutto diventa motivo per ribellarsi.

Tuttavia dobbiamo provare a considerare anche il punto di vista dei piccoli.

Per loro il dire di “no” significa sperimentare la propria indipendenza e individualità ed è un percorso non semplice neanche per loro, richiede molta energia e fatica.

Ed è proprio considerando questa fase come una tappa fisiologica naturale e fondamentale nello sviluppo dei bambini che possiamo riuscire maggiormente ad empatizzare con loro senza cedere a reazioni emotive esagerate di frustrazione e impotenza o di nervosismo e intolleranza.
Partiamo dal comprendere lo sforzo che i bambini fanno per emergere e quindi per crescere in modo indipendente…

E nella pratica, cosa possiamo fare dinanzi ai “no” di nostro figlio?

Proviamo a non applicare punizioni ai “no” di nostro figlio ed evitiamo reazioni di rabbia o intolleranza: rischierebbero di frenare la sua spinta all’indipendenza e all’auto-affermazione.

Dicevamo che si tratta di una tappa evolutiva normale e necessaria per sviluppare la propria indipendenza. Il “no” dei bambini non deve essere vissuto sul personale, ma semplicemente come un suo modo per dire la sua e quindi per differenziarsi.

Poiché il bisogno del piccolo è quello di sentire che può dire la sua, assecondiamo questo suo bisogno quando possibile.

Coinvolgiamolo in certe scelte e decisioni, così che lui abbia la sensazione di poter decidere. Ad esempio, se è arrivato il momento di andare a letto e non ne vuole sapere, proviamo a proporgli di scegliere se vuole portare qualcosa con sé.

Vestirsi è una battaglia?
Proviamo a coinvolgerlo facendogli scegliere la maglia o altro da indossare.

Questo, però, non implica che le regole vengono meno o vengono messe in discussione. Semplicemente cambia l’approccio, nel senso che pur con fermezza e autorevolezza, le stesse regole vengono proposte stimolando una maggiore collaborazione da parte del piccolo.

Stiamo attenti anche noi genitori ai “no” che diciamo.

Essendo i primi modelli di apprendimento per i nostri figli, se noi per primi sappiamo bilanciare i “no” con i “sì”, allora piano piano anche loro ci riusciranno.

Atleastbutnotlast, definiamo le regole principali e basilari ma per il resto, cerchiamo di lasciare anche spazio e margine di libertà ai bambini, così che possano avere modo per esprimersi e venir fuori con la propria individualità e personalità.

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