Quando lo stipendio se ne va col campo estivo… di chi è la colpa

Ultima modifica 17 Giugno 2023

Molti genitori cominciano a vacillare all’idea della fine della scuola. Non scherzo.
Ogni anno inizia a metà giugno la ricerca del campo estivo, perché i genitori devono lavorare e in Italia (dobbiamo esserne orgogliosi!!!) pagano per poter andare a lavorare.
Diciamo che quando mi dicono che il sistema fluido moderno, di andare a vivere ovunque si trovi il lavoro, di rendersi flessibili, di non fare tragedie… dai che ci si organizza anche senza aiuti di nonni e zii, conto fino a 10 e non rispondo.

Quando lo stipendio se ne va per il campo estivo, allora c’è più di qualcosa che non va.

campo estivo

Questo sistema fluido in cui chi ha il lavoro sottopagato, a nero, le ferie quandolodicoiosemigira, deve stare contento, non va d’accordo con tutte le teorie di politicone familiari, intelligentone, del fate figli ché sennò si fa tardi.

In tutto ciò, però, purtroppo per chi vuole trovare il capro espiatorio nei tremmmmesidivacanza degli insegnanti. Che poi sono due, che diventano 1 quando cominci il primo agosto a lavorare a casa per settembre. Gli insegnanti non c’entrano…

Sulla segmentazione delle vacanze il discorso è semplice:
se convenisse alle tasche dello stato, tranquilli, l’avrebbero già fatto.

Ma possiamo comunque chiederci ancora: perché non passa la segmentazione del vacanzone. Se lo chiedono pure gli Enti del turismo… caspita?
Perché il sistema della segmentazione è un falso problema. Inesistente. Incredibilmente inesistente.

Anche in Italia, infatti, c’è una frammentazione delle vacanze (Natale – Pasqua- estate) con la differenza che scaturisce da una reale diversità climatica.

In Finlandia, dal 4 giugno, si rientra l’11 di agosto (logico direi… ce li vedete qua i bambini in classe il 13 agosto?), ma a Natale ci sono 21 giorni di vacanza.
In Francia invece no, mica esistono i tre mesi di vacanza estiva come in Italia… ne esistono 2. Poi, ogni 6-7 settimane di scuola ci sono due settimane di vacanza.

Quando parliamo di scuole europee, come se incarnassero il paradiso socioeconomico con insegnanti aureolati, cerchiamo di parlare con cognizione di causa.

Tra l’altro i giorni di scuola in Francia sono 180, in Finlandia sono 186, mentre in Italia arrivano a 200.

Se non abbiamo tutte scuole a tempo pieno è un problema di inadeguatezza strutturale e soprattutto risparmio: spazi mensa per tutti i bambini non ce ne sono ovunque.
Ma tranquilli, nemmeno in questo c’entrano gli insegnanti: nelle scuole a tempo pieno si fanno i turni mattina o pomeriggio, quindi il monte ore lavorativo non cambia. Serenissimi.

La situazione  vacanziera italiana non è affatto così distante da quelle europee, come chi strumentalizza vuol far credere. A considerazioni fatte, ne deduco che per papà e mamme francesi e finlandesi il problema della ricerca campi scuola o baby sitter non sia lontano dal nostro.

La soluzione, invece sì… siamo proprio ad anni-luce di distanza.

In Francia e in altri paesi europei c’è una politica di sostegno familiare diversa che permette una maggiore serenità alle mamme che lavorano perché devono o vogliono lavorare.
Quindi prima di azzannare il primo insegnante che il 13 luglio se ne va a fare la spesa alle 10 del mattino, pensiamoci ed informiamoci seriamente sulle responsabilità.

Gli insegnanti lavorano le ore che devono.

E se mi facessero lavorare ad intervalli regolari di 6/7 settimane, a me cambierebbe ben poco: farei il mio orario e riuscirei ugualmente ad andare al mare a luglio.
Con molta serenisemplicità.

Se i genitori devono pagare 1.200 euro per un campo estivo o qualche mamma è costretta persino a sospendere il lavoro d’estate perché, udite udite, le conviene non lavorare per tenere i bambini a casa, non la prendiamo con la scuola, ma con politiche sociali.

L’aggettivo trovatelo voi ché non mi viene.

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