Addio al fax nelle pubbliche amministrazioni

Ultima modifica 29 Settembre 2016

 

Un emendamento PD e Lega Nord al famoso (e per più versi famigerato) “Decreto del fare”, approvato il 3 agosto scorso, ha segnato la fine dell’uso delle comunicazioni a mezzo fax tra uffici pubblici.
Resta ferma, invece, per le comunicazioni inviate dai privati l’efficacia di questo strumento, da più di vent’anni diventato abituale mezzo per consegnare documenti in tempo reale, con la garanzia di una ricevuta di corretto invio e ricezione.
Evoluzione tecnologica che consentirà alle pubbliche amministrazioni di risparmiare almeno una parte dei ben 11 milioni di tonnellate di carta, con un risparmio stimato per le casse dello Stato di circa sei miliardi di euro.
Non manca chi esulta per l’abolizione di quello che sembrava un inutile fardello, e la citazione alla prosa di Gianluca Nicoletti su La Stampa è necessaria:

«Quella pagina magari già l’avevamo pronta nella memoria del nostro smartphone, non aspettava altro che prendere il volo verso quell’ufficio, ci sarebbe bastata una semplice carezza del nostro indice … Invece no, era richiesto l’invio via fax, come se dovessimo necessariamente passare per un percorso penitenziale, il solo che ci avrebbe resi degni di essere presi in considerazione come cittadini»

Ma è davvero tutto oro quel che luccica?
Ai sensi della novella, tutte le comunicazioni tra uffici pubblici centrali, periferici e degli enti locali dovranno avvenire attraverso la posta elettronica certificata (più nota come p.e.c.), utilizzata originariamente per lo scambio di documenti tra avvocati e uffici giudiziari, ai sensi del D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, esecutivo della L. 16 gennaio 2003, n. 3. Uno strumento che garantisce, attraverso la certificazione del Gestore della posta elettronica certificata, la riferibilità del messaggio a chi ne appare mittente, la sua integrità (ossia l’assenza di manipolazioni ad opera di terzi) e l’invio di una ricevuta di avvenuta consegna, sempre che sia il mittente che il ricevente utilizzino una casella p.e.c.

Infine, la conservazione dei file di log dei messaggi transitati attraverso il gestore di posta, per un periodo di 5 o 10 anni, garantisce la reperibilità dei dati.
Non dovrà più essere chiesto l’invio di un fax si conferma delle comunicazioni elettroniche, ma questo vale solo tra pubbliche amministrazioni, sebbene i promotori dell’emendamento lo intendano come uno stimolo all’ammodernamento anche delle comunicazioni tra privati e aziende.
Finisce un epoca, dunque, ma oltre la nostalgia per quel rassicurante suono che abbiamo imparato a conoscere inviando i nostri fax, cosa cambia davvero?
Limitandomi all’esperienza delle aule e delle Cancellerie dei vari Tribunali della nostra amata penisola, ci siamo ormai abituati ai disservizi causati dal fatto che non pochi uffici mancano di scanner, e così inviano per p.e.c. agli avvocati la comunicazione di avvenuto deposito di atti e sentenze, ma non possono allegarli al messaggio, costringendo a richiederne le copie cartacee in cancelleria, ed anche entro termini ristretti, che decorrono dall’invio/ricezione della p.e.c.

Tutto sarebbe risolvibile acquistando per poche decine di euro uno scanner per ogni ufficio pubblico, ma – guarda un po’ il caso – il famoso Decreto del fare tace sul punto.
Mi domando se sia più tragica o più comica l’immagine dei dipendenti pubblici inviati su e giù per lo stivale a fotocopiare i documenti mancanti, o in paziente attesa dell’arrivo, per posta cartacea, del plico annunciato per posta elettronica certificata. E il risparmio per l’erario, dove finisce?

La spending review è sacrosanta, ma siamo sicuri di accrescere con questa misura isolata l’efficienza della pubblica amministrazione?

Bianca Villa

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