Avere paura del figlio adottato

Ultima modifica 3 Maggio 2018

Questa mia intenzione di ritornare a parlare di fallimento adottivo nasce dalla lettura di un articolo sull’argomento uscito sulla Stampa
Sebbene le argomentazioni mi trovino d’accordo in linea di massima, trovo però una frase riportata da Andrea Malaguti non solo di pessimo gusto ma anche decisamente fuorviante.

Viene infatti riportato che un fallimento finirebbe con questa modalità: «È andata male, ci spiace, riprendetelo».

Lacrime e strazio. Capita così?
Una bel cavolo che capita così.

E se nell’articolo si ammette che le famiglie sono in stato di abbandono, non si evidenzia abbastanza il dramma che esiste dietro un fallimento. Perché quelle parole “è andata male, ci dispiace, riprendetevelo” non vengono mai dette nel tono che viene lasciato intendere.

Sembra quasi che i genitori adottivi vadano a prendere i giocattolini al supermercato e che, se il giocattolino non funziona siamo tutti lì pronti a chiedere il rimborso.

fallimento-adozioni

Mi fanno infuriare i commenti che i “normali”, si scusate se li definisco così perché così il resto della gente si sente, fanno quando si imbattono in queste affermazioni.
Si indignano e gridano allo scandalo, lanciano accuse su quanto siamo malvagi e mentalmente distorti noi genitori adottivi quando succede, senza, in realtà, sapere cosa veramente ci sia dietro a quella situazione.

Basta, sono veramente stufa di sentir considerare i genitori adottivi in crisi come mostri senza cuore e non per quello che sono: genitori che non trovano vie di uscita a situazioni a dir poco allucinanti.

Ma che faranno mai questi terribili ragazzi?
Lo tiriamo giù sto benedetto velo di omertà? Ok, pronta.

Gli adolescenti sono tutti antipatici, arroganti e un po’ prepotenti mi direte.
Certo, ma quando quell’adolescente comincia prestissimo, che so 12- 13 anni a prenderti a parolacce ogni volta che provi a chiedergli di rimettere a posto la camera o di fare i compiti, Non dico il generico “non rompere” ma proprio “non mi rompere il c@@@”!
Quando provi a fare una richiesta di fare qualcosa ti ritorna un “chi sei tu per dirmi questo, vaffan…” quando prendono la porta e tornano quando voglio, se tornano; quando si arriva a pensare: “Oddio, adesso come glielo dico questo? Oddio adesso come reagirà?”
Quando si vive nella paura che quel ragazzino, al quale hai voluto con tanta determinazione dare una famiglia, ti riempia di botte, ti prenda per il collo e ti sbatta contro un muro o ti minacci con un coltello solo perché hai osato contrastarlo… bene, gente normale, ditemi un po’, cosa fareste voi?

In molte famiglie tutto è sotto chiave perché altrimenti tutto sparisce, i portafogli sono guardati a vista perché se osi lasciare qualcosa incustodito stai sicuro che non ritroverai nulla.

Eh, immagino, sarete tutti pronti a dire che in ogni caso ci saremmo dovuti far aiutare prima!

paura del figlio adottato

Sapete, ho un numero sconsiderato di amici che da anni cerca aiuto a destra e manca, che hanno consultato psicologi a destra e a sinistra, girato l’Italia alla ricerca di qualcuno che li aiuti e come risposta si sono visti appioppare colpe e farmaci come niente fosse, o si sono ritrovati con persone che ci hanno provato e come loro hanno miseramente fallito.

I farmaci. Ammesso che servano a qualcosa, provate a farglieli prendere voi i farmaci a degli adolescenti incazzati con te solo perché esisti, dei farmaci che poi rincoglioniscono e non poco.
Psicoterapia, provate a convincerli voi ad andare a parlare con qualcuno spiegandogli che vogliamo solo aiutarli, il minimo che ti rispondono è che i matti siete voi e che quelli sono solo dei nostri informatori.

E questo dura anni! Anni dove la preoccupazione non è se escono, con chi escono, se studiano o non studiano. Qui la preoccupazione è la loro, e più spesso la nostra incolumità mentale, se non fisica.

Quindi, basta per favore, trattare chi, con devastata lucidità decide che non ha proprio proprio voglia di suicidarsi, come se fosse uno sconsiderato senza cuore che decide di giocare con la vita di un povero bambino.
Purtroppo quel bambino è quel nostro figlio che traduce il suo dolore attraverso una violenza difficile da sopportare per chiunque. Già questo basta a devastarci vita e cervello.

È come avere un figlio tossico in casa e se la famiglia di un tossico decide che il figlio per il suo bene deve andare in comunità a disintossicarsi, loro sono famiglie coraggiose, noi, se decidiamo che l’unica speranza per salvare i nostri figli è allontanarli, siamo delle famiglie di merda perché non siamo capaci a crescere i nostri figli.

Di chi è la colpa?
Chi se ne frega di chi è la colpa!

Non loro che hanno subito spesso di tutto, non nostra perché abbiamo deciso di adottare, non dei servizi che sono completamente sommersi di casi di ogni genere; di nessuno insomma e di tutti.
Fatto sta che il tutto ricade sulle famiglie e quando le famiglie scoppiano vengono trasformate in mostri senza cuore, egoisti superficiali.

Basta! Parlate solo quando conoscerete la verità delle cose.
Ed è anche vero che questo è solo il 3% delle adozioni e che quindi la maggior parte delle adozioni si svolge senza problemi particolari  , ma quel 3% pesa come un macigno sulla pelle di quelle famiglie distrutte dal dolore e non serve certo che qualcuno si permetta di sparare ulteriore cattiveria su una decisione che, già di per sé, basta a devastarti per sempre.

20 COMMENTS

  1. Tostissimo, un sacco di rabbia che sento diventare disperazione, la stessa che ho visto, sentito, in altre famiglie affidatarie e non, che hanno problemi importanti di gestione dei figli (penso oltre alle famiglie affidatarie anche a quelle con figli con inizio di psicosi o con disturbi importanti del comportamento). Credo che nelle situazioni di adozione ci sia un aspetto in più, per nulla secondario, da tenere conto: c’è l’immagine “sociale” di chi prende e di chi può restituire come se i figli fossero pacchi. È questa immagine che non è realistica e che appesantisce notevolmente il già difficile compito di crescere un figlio difficile, nonostante tutto. E di crescere come genitori con lui.
    Grazie di questo racconto che apre, con franchezza e chiarezza, molte porte.
    (L’assenza di una rete di sostegno valida e professionale per i genitori però mi fa arrabbiare, se posso dirla tutta… Non essere tutelati quando si assolve ad un compito che non è solo per se, ma per la comunità intera, questo non lo trovo giusto ne eticamente ne moralmente).

    • Sì Anna, rabbia tanta rabbia perché vedo amici già devastati dalla situazione che vivono in famiglia costretti ad un isolamento sociale perché additati da tutti. In definitiva si potrebbe paragonare la situazione che vivono queste famiglie alla situazione delle famiglie dei malati psichiatrici, totale abbandono da parte delle istituzione. Pensa che, ad una copia di amici in grande crisi a causa della foglia, alla loro richiesta di aiuto è stato risposto che se volevano restituirla bastava che lo dicessero. …..altro che le famiglie che vogliono restituire i figli, spesso sono i servizi che non sanno cosa fare e non trovano altre soluzione che prendere i ragazzi e sbatterli in comunità.

  2. Sì ma gli adolescenti inquieti sopra descritti sono tanto Bio quanto Ado….ma la domanda è dove restituiscono i figli Bio?
    Sono sempre stata convinta di una cosa,essere genitore non è facile,essere adolescente e adottato é difficile,ma x come la vedo io un adozione fallisce quando non.li senti e non si sentono davvero figli.

    • Li “mollano”, cambiamo pure parola ma il concetto non cambia, nelle stesse comunità perché le comunità sono piene di figli bio lasciati lì da genitori bio.e la differenza è che spesso, non sempre ma molto frequentemente il genitore ado si ritrova a subire violenze che vengono da così lontano che non sai dagli ragione e connotato. E scusami, il non sentirli figli. ……mha, spiegatemi cosa significa perché io non la riesco a comprendere questa frase. Mi pare un’altra di quelle belle frasi preconfezionate prive di reale significato mese li quando non si sa più quale argomentazione trovare per adottare la colpa ai genitori. Sai, bisognerebbe sperare questo immane bisogno di trovare le colpe e cominciare a pensare soluzioni

  3. È così! Le violenze, la rabbia la paura e il non essere stati all’altezza. Spesso abbiamo messo in gioco quel poco che avevamo e molto spesso anche il nostro matrimonio ma lo abbiamo fatto…

  4. Concordo su tutto: ci sono molte famiglie che hanno malati psichici in famiglia e che vivono le stesse paure e solitudine ma nessuno le addita come “cattive” .. il vero nodo è, come al solito, che in questo Paese il sostegno non si da a nessuno: handicappati, malati di mente, anziani malati e soli, disoccupati . .niente smuove coloro che prendono i nostri soldi solo per rubare e non per fare il proprio dovere!
    Noi abbiamo la fortuna di avere una figlia meravigliosa che abbiamo portato dalla psicologa qualche volta solo per farci aiutare a rafforzare la sua bassa autostima ma, se lei avesse avuto altri problemi, già avevamo “messo in conto” che avremmo dovuto fare tutto da soli e PAGARE tutto da soli perché, mai nessuno ci ha detto che ci avrebbe aiutato in qualche modo, in qualsiasi modo.
    detto questo, essendo incosciente e ottimista per natura, dico :” è una piccola percentuale quella del “fallimento” perciò . . . vvviiiaaaa e ADOTTATE ADOTTATE ADOTTATE 🙂

  5. Conosco da vicino la situazione che descrivi ma vorrei portare anche un altro punto di vista, quello di questi ragazzi ladruncoli, bugiardi e crudeli. Vedo intorno a loro molta aspettativa, fin da quando sono piccoli, molta pressione, affettiva e sociale. Ci si aspetta che siano affettuosi, grati. Ogni bambino vuole compiacere il proprio genitore e, spesso, questi bimbi venuti da altrove amano farlo più degli altri, più dei bimbi nati dalla pancia di mamma.
    Vuole bene ai genitori più di un figlio “vero”, come se li accarezza la mamma e il papà, plaudono parenti ed estranei vari e i genitori si sentono molto rassicurati, vedono in questa forma di amore così istintiva del bambino, una conferma del loro buon lavoro. Ma l’attaccamento di un bambino verso il genitore è solo un germoglio, l’educazione sentimentale di una persona si costruisce nel tempo, non è solo una carezza. Mostrare emozioni, sentimenti, paura, collera… questo insegna a un bambino a maneggiare le proprie e altrui emozioni e spesso questo manca nelle famiglie; si cerca di proteggere i bambini dal dolore, dalla sofferenza, dalle piccole e grandi tragedie che accadono in ogni famiglia. Accade spesso in tutte le famiglie e tutti i bimbi ne risentono ma forse i bambini adottati di più, perché loro hanno già un enorme patrimonio di emozioni da maneggiare, una bomba a mano che spesso si sotterra invece di disinnescare, si pensa che baci, carezze e felicità siano la panacea ma non è così e alla fine la bomba esplode, nell’adolescenza, età delle bombe per eccellenza. E lì, il genitore, ineducato alle emozioni quanto il figlio, non capisce più nulla, si sente ferito, rifiutato, non gratificato. Ancora di più il genitore adottivo se ha una bassa autostima latente, se ha lasciato che la sua insicurezza, sotterrata pure quella, mettesse radici profonde. E lì avviene il distacco, succede il “noi” e “lui/lei”. A volte cercare sostegno psicologico a questo punto è tardi, a volte no. Il fatto è che la vita la si costruisce ogni giorno, non solo in emergenza, in emergenza si mettono le toppe che a volte tengono e a volte no. Responsabilità ce n’è, dalle istituzioni certo bisogna pretendere un sostegno continuato e serio per i primi anni ma per quante famiglie il percorso viene considerato concluso perché il bambino è sereno e tanto basta? Forse no, non basta. Non basta per nessun bambino, per nessuna famiglia, anche se la tentazione di pensare “Va tutto bene, lasciamo tutto così” è forte.

    • “E lì, il genitore, ineducato alle emozioni quanto il figlio, non capisce più nulla, si sente ferito, rifiutato, non gratificato. Ancora di più il genitore adottivo se ha una bassa autostima latente, se ha lasciato che la sua insicurezza, sotterrata pure quella, mettesse radici profonde. E lì avviene il distacco, succede il “noi” e “lui/lei” ”
      mi scusi Serena, mi spieghi meglio questo concetto; lo trovo interessante ma non credo di averlo colto appieno.

  6. Un figlio che sia adotto naturale è un figlio. Va accettato per quello che è e che diventerà .
    Anche i figli naturali possono far paura ma non si possono rispedire indietro.
    Un figlio si tiene e lo si ama comunque. Lo si aspetta a braccia aperte quando torna a casa e lo si osserva da lontano quando se ne va , pronti a riprendere il filo del discorso quando sarà il momento.
    Non c’è differenza tra foglio adottato e naturale. È un figlio e basta!

    • ancora una volta ribadisco che anche i figli bio vengono “spediti al mittente” dove il mittente è lo stato e lo stato è la comunità. figli rimangono figli, sempre, anche quando sono in comunità.

  7. Cara Elisabetta, ottimo articolo. L’unica cosa, la scrivo anche qui, il 3% riguarda chi rescinde le relazioni famigliari. Chi tu descrivi spesso non rescinde nulla … e si tratta di tanti. Contando anche chi i figli li tiene a casa con tanta fatica ma affronta quello che tu hai descritto (furti, aggressioni, difficoltà a contenere situazioni di devianza). Quindi il disagio nelle famiglie adottive c’è e non lo si può ignorare. Andrebbe monitorato per capire bene l’ampiezza. Infatti quello che conta è la percentuale. Quanti ragazzi adottati attraversano situazioni così? Di fatto chi fa associazionismo sa che una percentuale abbastanza seria di famiglie in grande difficoltà c’è. Non si preoccupa dei numeri e fa rete e informazione. Perché in questi casi non isolarsi E’ FONDAMENTALE.

  8. Io mi ritrovo…ho un figlio adolescente e adottato di 16 anni…a volte ho paura di quello che potrebbe fare a me o a se stesso. Cerco però ogni giorno di pensare che presto le cose cambieranno….grazie comunque x tutti i commenti e x il post…mi fanno sentire meno sola

  9. Io ho una figlia Bio e uno adottivo, entrambi amati e desiderati allo stesso modo. Dall ‘ articolo sembra che se non mi vanno bene posso restituirne uno si e l’ altra no…I figli sono tali dal momento che li concepisci fisicamente o meno, dal momento che li abbracci, dal momento che li ami incondizionatamente e ti metti a camminare mano nella mano con loro e se il gioco si fa duro… Li amerò di più e cercherò le soluzioni più giuste ma non fate distinzioni tra Bio e ado, i problemi te li posso creare entrambi…

  10. Elisabetta, come sempre mi trovi d’accordo, e somo tanto arrabbiata anch’io.
    E’ indubbio che un figlio naturale o adottato sia -per sempre-
    A riprova che anche i figli naturali vengono -rispediti al mittente-
    posso dire per esperienza diretta, che nella comunità dove si trovava mio figlio, su 10 adolescenti , lui era l’unico adottato.
    Anna G.,pensa che a me è stato detto ,da parte dei servizi sociali (puah!), che,se avessimo scisso il legame ovvero rinunciato la patria podestà( credo,spero, fossero colpiti da pazzia improvvisa !) avrebbero gestito meglio mio figlio !

    grazie

  11. Buongiorno a tutti,

    io sono un papà di figli adottati (scusate se rimango vago ma loro sono molto esperti di internet).
    La nostra esperienza per adesso è abbastanza positiva (sono ancora in pre-adolescenza e temiamo molto l’adolescenza). Per adesso notiamo una certa ostilità, da parte loro, verso la figura materna meno verso me.
    L’adolescenza è un periodo particolare sia per i figli biologici che per i figli adottati, ma non dimentichiamoci che i figli adottati hanno subito un grave abbandono (e molto spesso si addossano delle tremende colpe per l’accaduto). Trovo normale che siano arrabbiati con il mondo. Molto spesso tale rabbia viene poi rivolta verso le nuove figure di genitori come se si chiedessero “cosa vi rende diversi dagli altri? anche voi mi abbandonerete se ve ne do’ il motivo” e purtroppo è quello che fanno ci danno tanti validi motivi e non nego che qualche volta mi è venuta la voglia di mollare tutto..
    Mi sento di dare a tutti un consiglio, frequentate qualche gruppo di genitori adottivi, si tratta di famiglie che si riuniscono una volta al mese e si scambiano pareri, opinioni ed esperienze. Io e mia moglie li abbiamo frequentati prima dell’adozione e ci sono stati davvero molto utili, molto più utili di tanti psicologi. Provate a cercarli nella vostra zona.
    Per nostra esperienza sia i servizi sociali che gli psicologi (messi a disposizione dall’ente che ci ha seguito) sono del tutto inadeguati. Spesso si tratta di ragazze appena laureate che ti sciorinano i concetti imparati all’università senza neanche cercare di adattarli alla situazione che si presenta.

  12. io ne ho conosciuti diversi di resi…e si, alcuni sono bambini e ragazzi che non possono stare in famiglia perchè hanno bisogno di essere seguiti in modo specifico..ma altri sono “solo” ragazzi che non corrispondono ad un modello ideale che non esiste, se non nella testa delle famiglie adottive…quindi se non è giusto generalizzare in negativo, non è giusto farlo neanche in positivo…e questo vale per figli adottivi, bio o in affido…
    io seguo adolescenti difficili, ospiti in comunità, con famiglie bio o adottive alle spalle..molte famiglie hanno un reale bisogno di aiuto che il sistema non è in grado di fornire, e quindi non vanno assolutamente condannate perchè vivono una disperazione giornialiera… ma ci sono anche quelle che avrebbero dovuto tirarsi indietro a tempo debito prima di far danni…quindi ripeto: non è giusto generalizzare e si, bisogna sempre cercare di capire, ma capire entrambi i protagonisti di queste tristissime vicende, perchè non sono le parolacce e la rabbia che dovrebbero sdoganare i resi, ma i problemi reali…e se anche sono “solo” un 3%, in quel 3% ci sono esseri umani coinvolti in una esperienza devastante

  13. Ho lavorato presso una cooperativa dove venivano a lavorare diversi ragazzi che provenivano dalle comunità. Non so chi era Bío e chi era Ado, ma la differenza sta nell’accoglienza. Ora sono una persona adulta, ma ho vissuto l’esperienza di cui sopra parlate, ci vuole un grande coraggio e volontà perché amare un figlio perfetto può essere facile, ma amare una “bambolina rotta” non è per nulla facile e mia madre mi ha trasmesso questo grande insegnamento, sono una figlia ado e in adolescenza sono stata difficile. Ma il suo amore nei miei confronti ha vinto ogni battaglia.
    Non siamo tutti uguali, quindi non paragonero’ mai la mia esperienza a quella di altri figli adottivi e non. Ora come madre, cresco mio figlio cercando di non farmi prevaricare. Distinguendo quello che trova fuori, da quello che troverà sempre con noi: la sua famiglia e il conforto.

  14. Non è facile essere genitori, partiamo da questo presupposto.
    Poi prendiamo l’esempio delle famiglie adottive.
    Abbandonare chi è già stato abbandonato non è per niente bello. Bisogna capire tutto il percorso emozionale di un bambino che arriva in un paese straniero (prendo un esempio a caso) e deve rielaborare tutto.
    L’impatto con la sua nuova famiglia…, i nomi da imparare e le abitudini a lui sconosciute…
    Il bambino non resta per sempre un “cucciolo”, cresce e le responsabilità aumentano.
    La prima accoglienza parte dai famigliari stretti, poi dai compagni di scuola e infine il paese circostante.
    Con l’adolescenza tutto può cambiare, quindi si deve rimboccare le maniche.
    Ho lavorato in una cooperativa, accanto a ragazzi che venivano dalle comunità.
    Piangevo dentro quando si aprivano e mi parlavano dei loro genitori.
    Erano figli bío, nemmeno adottati con ferite interiori legate ad un passato sconosciuto… Eppure la loro famiglia si è disfatta ugualmente.
    Sono madre di un ragazzo adolescente e se commetterà degli errori, sarò io la prima ad accusarmi di qualche mancanza, perché dove non c’è amore e regna la paura, non può nascere e crescere nulla.

  15. Dimenticato di dire che io sono stata adottata e da adolescente ero una sfida, proprio come i ragazzi di cui parlate.
    Cambiano le cose crescendo, diventando madre, capisco tutti i sacrifici e sforzi che la mia mamma adottiva ha fatto, che solo una mamma che ma, può capire e capirmi.

    Grazie

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