Come si diventa inventore di giochi? Intervista ad Andrea Angiolino, esperto del settore

Ultima modifica 30 Ottobre 2017

Il gioco aiuta a crescere, è lo strumento indispensabile per spiegarsi la vita ed esorcizzare le paure secondo gli esperti, ma anche per i genitori attenti. Osservare nanuzz di due anni perso con le sue macchinine mentre mugola e brumbreggia, mi incanta e mi ricorda le mie ore di gioco solitario.
Poi ci sono moltissimi modi di giocare: con gli altri o da solo, strutturato o libero etc.
Un universo di possibilità e di scenari da esplorare ed approfondire con un esperto romano Andrea Angiolino, inventore di giochi, studioso di giochi, esperto di giochi, giornalista e webproducer.

andrea angioino

L’infanzia di un inventore di giochi Andrea, tu hai sempre inventato giochi? Fin da piccolo?

Sì, mi pare proprio di sì. Da giocare con gli altri a proporre nuovi giochi, per me il passo è stato breve e naturale. Accade anche con le ricette di cucina: si possono eseguire scrupolosamente quelle della tradizione, ma poi viene da sostituire qualche ingrediente per adattare il piatto ai gusti propri e degli altri commensali e dopo un po’ si arriva magari a creare piatti nuovi. Allo stesso modo io ho iniziato giocando, poi magari immaginando qualche regola alternativa per i giochi che conoscevo, e alla fine proponendo giochi miei.

Quale è stato il primo che hai giocato con altri?

Difficile dirlo. Ricordo il primo libro vero che ho letto, albi tascabili e librini per bimbi a parte: un’edizione integrale di
Pinocchio che ancora conservo e che ho recentemente riletto con mia figlia. Ricordo la prima rivista che ho seguito: Miao, un albo con storie senza parole e tante cose da ritagliare e incollare. Ma il primo gioco… Un rubamazzetto o un omino nero con i cugini più grandi? Un mercante in fiera con mia madre e mia sorella? Chissà,
ricordi ludici assai remoti ne ho: ma non li so mettere in ordine cronologico…

Come ti hanno aiutato i tuoi genitori a valorizzare la tua fantasia?

Con mia madre si facevano parecchie cose creative. Animali in cartone rivestiti di stoffa, che allargate le zampe stavano in piedi. Costumi di carnevale fatti in casa, come uno da Braccio di Ferro realizzato con calze rosa imbottite di gommapiuma per fare i muscoli e sopra cucite, a mo’ di tatuaggio, le ancorette di qualche berretto da marinaio. Giocavamo anche assieme, ogni tanto, benché avendo una sorella e molti cugini mi capitasse più spesso di giocare con loro. Inoltre i miei genitori mi hanno fonito materiale per nutrire la fantasia: libri, giornalini, giochi da tavolo. Questi ultimi arrivavano sotto forma di gioco in scatola, solitamente in occasione di festività e compleanni, ma erano anche spesso allegati a settimanali come Topolino o pubblicati come pagine centrali delle riviste a fumetti, con pedine da ritagliare. Grazie a ciò, il gioco da tavolo faceva parte delle mie abitudini quotidiane.

inventore di giochi

Il primo gioco che hai inventato da piccolo?

Ricordo un gioco di percorso sul traffico, un foglio protocollo aperto con tante strade di una città e segnali stradali agli incroci. Ricordo anche regole per giocare sul pavimento con gli economici soldatini Atlantic in plastica degli anni ’70: misuravamo a palmi e dita le diverse velocità di fanti, cavalieri e mezzi così come le gittate delle varie armi; tiravamo monete a testa e croce per vedere chi veniva colpito, una per spade e fucili ma a raffiche di tre o cinque monete per mitra e mitragliatrici. Non conoscevo i giochi di simulazione, ma lo spirito era già quello. Non so più esattamente quale fosse il mio primo gioco inventato, ero alle elementari, comunque direi che si trattava appunto di  simulare la realtà: che parlasse di guida o di guerra, il gioco era la riproduzione di una parte del mondo di cui io definivo i meccanismi e le regole, con una certa fedeltà a come immaginavo funzionasse davvero.

Da grande farò l’inventore…

come si inventano i giochi?

Che dire… E’ difficile dare consigli, anche se sul tema si scrivono interi libri. Non credo nei manuali di scrittura creativa, mi pare altrettanto arduo dare regole per la creazione ludica. Per essere più precisi ci sono tecniche per sviluppare giochi, una volta avuta l’idea: per realizzarli. Ma l’invenzione creativa, l’ispirazione iniziale, sfugge a regole precise. Posso raccontare cosa succede a me. Diciamo che come i nostri cantautori partono a volte dalla musica e altre dal testo, io a volte sono ispirato da un’ambientazione e a volte da un meccanismo. Partire dall’ambientazione non è diverso da
quello che facevo da bambino: scelto un aspetto della realtà, come la città e il suo traffico, cerco di riprodurlo in un certo tipo di gioco. Da tavoliere, di carte, di miniature… E così ho fatto giochi sui temi più diversi, dallo sviluppo di borghi e abazzie nel periodo più cupo del Medio Evo ai duelli aerei della prima guerra mondiale.
Nel mestiere di inventore di giochi si parte spesso così: come quando le organizzazioni del commercio equo e solidale di cinque paesi mi hanno chiesto un gioco che spiegasse le problematiche della globalizzazione attraverso la filiera del cotone, dalla semina alla vendita degli abiti finiti. O la Nexus Editrice mi ha chiesto tre giochi su Dragonball, cartone che ho dovuto studiare come un esame di diritto dal momento che non lo avevo seguito a suo tempo. O Clementoni ha chiesto alla cooperativa di autori presso cui lavoravo di realizzare in fretta un gioco sui dinosauri nell’imminenza dell’uscita del film Jurassic Park
Ma si può anche partire dal meccanismo per creare giochi, che poi possono restare astratti come la dama oppure essere rivestiti con un’ambientazione. Mi è capitato ad esempio di chiedermi: se nei giochi di percorso ciascuno muove il suo segnalino, come avviene in molti classici che vanno dal gioco dell’oca al Monopoli, come si può fare qualcosa di originale? E così mi sono detto che si poteva cambiare il paradigma dando, invece che una o più pedine ciascuno, una sola pedina a tutti da spingere qua e là per il tabellone, ciascuno verso mete diverse. E volendo eventualmente ambientare il gioco, chi poteva rappresentare questa pedina? Orlando furioso? Pinocchio? Magari Ulisse sballottato qua e là dagli dei? Ulisse mi è parso perfetto, sia perché calzava a pennello sia perché la Grecia classica è assai amata in Germania, terra in cui i giochi da tavolo sono molto apprezzati.
Scelto lui, ecco allora che vengono in mente il tabellone con le rotte del Mediterraneo fra i posti più mitici, le carte tempesta, la pedina nave con la zattera sul retro in caso di naufragio e così via. Si possono inventare giochi per molti scopi. Per giocarli in famiglia e con gli amici, per utilizzarli a scuola nella didattica, per la formazione aziendale, per promuovere un prodotto, per tentare la pubblicazione con un editore e diventare autore di giochi… Io ne ho
fatti tanti su commissione, per gli scopi più diversi. Dirò un’ovvietà, ma se si vuole inventare qualcosa di buono l’importante è prima aver giocato molto, conoscere molti giochi. Anche i classici. Per valutare un buon numero di possibili materiali e meccanismi, da aggregare in un nuovo sistema di gioco aggiungendo magari qualche elemento più originale. Per sapere se esiste già qualche gioco da adattare e rielaborare, o viceversa se si cerca l’originalità per non
riscoprire l’acqua calda. Non si può scrivere un buon romanzo se non si è lettori forti, né inventare una buona pietanza se non si è cuochi eclettici. Per cui il primo consiglio è quello di giocare a tante cose diverse.

Andrea da sempre sei iperimpegnato su tanti fronti giochilavori, libri e fiere, quanto ti impegna giocare cosi?

Per me giocare è un vero lavoro ed è giusto che impegni. Tempo ne richiede parecchio, anche molto di quello che sarebbe “tempo libero”, ma a me piace. Giocare per me significa anche e soprattutto collaudare i miei prototipi, mostrarli a potenziali editori, far conoscere al pubblico quello che pubblico e, cosa davvero di soddisfazione, partecipare a eventi spesso bellissimi organizzati in Italia o all’estero da chi si è appassionato a qualche mio gioco: partite giganti con decine di persone, versioni arricchite con nuove regole e materiali che loro hanno messo laboriosamente a punto. Ma poi, anche per chi non lo fa di mestiere, il gioco non è “passatempo”, “ammazzare il tempo”: il gioco è un bel modo di
impiegare il tempo stando con gli altri
, mettendosi alla prova, affinando le proprie capacità. Non è tempo che io possa rimpiangere.

I consigli da papà nella scelta dei giochi per i nostri figli, più o meno piccoli…

Oggi sei papà di una bellissima bambina che giochi le proponi? E che giochi proponi a noi per i nostri piccoli grandi uomini?

I tipici giochi dell’infanzia le sono arrivati in casa comunque, dalle pile di cubi alle costruzioni, regalati da amici e parenti. Io comunque ho cercato di fare mente locale su quali fossero le “pietre miliari” del gioco infantile per non rischiare di perdercene qualcuno. Per quanto riguarda i giochi in scatola, abbiamo cominciato a giocarci quando lei aveva circa tre anni: il Memory le è arrivato subito per altre vie, ma io ho avuto successo proponendole “Spenna il pollo” di Klaus Zoch che usa il meccanismo della memoria per un divertente e originale gioco di percorso. In generale, a classici come il domino e il gioco dell’oca abbiamo affiancato i giochi in scatola della Haba, una ditta tedesca che fa cose molto adatte ai più piccoli. “Il labirinto magico” di Max J. Kobbert, pubblicato da Ravensburger, è un altro grande classico che è stato apprezzato anche da lei. Poi abbiamo provato anche qualche gioco ideato da me, pubblicato o ancora inedito… Di giochi in scatola ne ho accumulati parecchi, negli anni, visto il
lavoro che faccio. Man mano che lei cresce, guardiamo negli armadi e troviamo nella mia collezione sempre più cose adatte anche a lei. Quelli che abbiamo esplorato poco sono i giochi didattici, i titoli che si propongono soprattutto come strumento per imparare qualcosa: ben vengano, ma abbiamo di gran lunga preferito giochi più giocosi.
Dai quali comunque si impara molto davvero. C’è anche il filone dei giochi con carta e matita, come tris e
battaglia navale
, che abbiamo ancora sperimentato poco. Ne esiste oltre un centinaio di giochi, molti più di quanti mediamente se ne conoscano: sono economici e semplici, ma stimolanti e facili da fare ovunque. Li ho anche raccolti in un libro che ha avuto la fortuna di essere tradotto in lingue anche inconsuete: attualmente ne trovate una versione per ragazzi nel catalogo di Editoriale Scienza, con tanto di lavagnette riscrivibili, e uno più ricco e profondo tra i manuali
delle Edizioni Sonda.

101 giochi con carta e matita

Per giocare non ci siamo soltanto chiusi in casa: aquiloni, going, freesbee, piste di biglie sulla sabbia ci hanno man mano impegnato nei parchi o in spiaggia. Perfino con qualche tuffo nel passato, come con i cerchietti in legno delle nostre nonne da lanciare impugnando due bacchette che il sindaco di Udine, città dove si fabbricano ancora, mi ha regalato in occasione di una conferenza ludica in piazza. E durante il tragitto abbiamo giocato parecchio a qualche gioco da viaggio, come la catena di parole in cui ognuno deve dire una parola che inizia con la sillaba con cui finisce quella detta dal giocatore precedente. Per chi non li conosce, anche di questi ce ne sono interi libri… Poi c’è stata la scoperta delle carte. Con lei sono partito dai giochi che non presumono calcoli ma solo saper riconoscere una carta dall’altra: omino nero, rubamazzetto, camicia, famiglie… Meglio iniziare con le carte anglofrancesi che riportano nell’angolo l’indice, cioè il seme e il numero o la lettera che identifica il valore. I nostri mazzi regionali di solito non l’hanno e sono più difficili da usare per un bambino. Con un po’ di ricerca si possono ancora trovare mazzi di dimensioni ridotte, più facili da tenere in una mano ancora piccola: andavano forte quando prima dell’IVA erano esonerate dalla tassa di bollo in quanto giocattolo, ormai sono più rare ma se ne fabbricano tutt’oggi. Insomma, consiglio di fare lo stesso. Trattando il gioco come l’alimentazione: offrendo tante buone cose ma soprattutto varie, scelte a seconda dell’occasione e delle esigenze del momento. Senza dimenticare i più classici piatti della tradizione!

battaglia navale
Parlando invece di nativi digitali e come esperto di giochi online…Che app ci consigli, se ce le consigli eh?

Esito a consigliarne più che altro perché di app sono un fruitore come gli altri. Ne ho diverse sul mio telefono, per me e per mia figlia, anche se ci giochiamo con parsimonia. Non per preconcetto, ma perché abbiamo tanti altri giochi da fare. Ogni tanto provo qualche app nuova per capire cosa “va forte” al momento. Però, alla fine, tra tutte le forme di gioco che conosco pratico questa è una di quelle su cui sono meno aggiornato. Riflette il mio rapporto con i giochi elettronici in
generale, anche quelli da bar o per computer: fin dai primi anni ’80 mi sono tenuto al corrente, ne ho guardati e  perimentati, ma poi di rado mi sono davvero appassionato a qualche titolo. E quindi, in questo settore, lascio che siano  altri a darvi suggerimenti.

Finiamo con gli adolescenti? Suggerimenti per aiutarli a giocare crescendo?

Sarò banale, ma innanzi tutto occorre aiutarli a conservare il valore del gioco e del giocare. Giocano i bambini, giocano gli adulti: occorre evitare che gli adolescenti siano spinti a smettere ritenendolo un inevitabile passaggo della crescita, perché non è vero.
Tutt’altro. Si tratta solo, magari, di trovare nuovi giochi perché quelli più adatti e interessanti per loro non sono necessariamente gli stessi di prima, come non sono gli stessi i libri o i film che possono intrigarli.
E’ importante che i ragazzi preservino il piacere e la passione di giocare per il gusto di farlo: il gioco è un modo di sfidare se stessi e i compagni, di mettersi alla prova e superare i propri limiti, di confrontarsi con gli altri in maniera leale e rispettosa delle regole.
Vale per i giochi sportivi, in cui è sano preservare gli aspetti ludici contro le tentazioni della competitività spinta e delle
tifoserie esasperate che caratterizzano invece lo sport professonistico, antitesi del gioco. Vale anche per il gioco di società a dimostrazione che giocare può essere divertente e stimolante senza necessità di poste in palio, contro le tentazioni dell’azzardo.
Giocare assieme ai ragazzi in crescita è utile, anche per scoprire o rioscoprire con loro nuove forme di gioco o per trasmettere loro quelle che ancora non conoscono. E’ un tentativo da fare, benché poi di norma i ragazzi si ritaglino i  propri spazi indipendenti anche nell’ambito ludico. E’ importante anche sfatare il preconcetto che ai ragazzi di oggi possa interessare solo il gioco elettronico, che non è che una delle molte forme che l’attività ludica può assumere: giochi
in scatola e di carte, enigmistica e giochi di parole, giochi di ruolo e di simulazione, giochi di movimento e all’aria aperta sono tutte possibili fonti di divertimento nonché occasioni di crescita e affinamento. Mi è capitato di compilare per Zanichelli un Dizionario dei giochi, assieme al mio amico Beniamino Sidoti.  Provate a sfogliarlo con loro: ci sono giochi di tutti i tipi, per tutti i gusti, per tutte le occasioni e per tutte le età. Ce ne sono anche molti per giocare assieme anche se si hanno età diverse. Provate a curiosarci anche alla scoperta di cosa si giocava in epoche passate e di cosa si gioca tuttora in altre nazioni e continenti. Vedrete che verrà loro voglia di giocare alle cose più diverse. Ma soprattutto, si spera, la stessa voglia verrà pure a voi.

dizionario dei giochi

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