Insieme per Sofia, e per tutti i bambini farfalla

Ultima modifica 20 Giugno 2016

La storia di Sofia, una bambina di tre anni colpita da una grave malattia neuro degenerativa (la leucodistrofia metacromatica), fino a pochi giorni fa era conosciuta solo alle persone che la amano.

E, in fondo, non è cambiato molto, dopo il servizio de Le Iene che potete vedere qui, se non che oggi sono tante, tantissime le persone che la amano, pur non avendola mai incontrata.

Soffre di una malattia tremenda, di quelle che sono l’incubo di qualsiasi genitore, perché sentir pronunciare l’aggettivo “incurabile” per tuo figlio, è precipitare in un baratro di angoscia.

Ci sarebbe, certo, una terapia a base di cellule staminali, che sembra potrebbe arginare il progredire di questa malattia, ma manca il definitivo riscontro clinico e l’Agenzia Italia per il Farmaco e i NAS ne hanno bloccato la somministrazione.

Sofia aveva dimostrato di reagire bene a quella terapia, praticata come cura palliativa grazie a un protocollo di intesa tra gli Spedali Civili di Brescia e la fondazione Stamina. In un articolo pubblicato su “La Nazione” del 5 marzo 2012 la sua mamma riferisce che aveva smesso di vomitare, e le sue pupille avevano ripreso a reagire davanti alla luce. Ma non ha potuto proseguire con le altre quattro infusioni di cellule staminali, nemmeno ricorrendo al giudice, perché il Tribunale di Firenze, come aveva già deciso il Tar di Brescia, e contrariamente a quelli di Catania e Venezia, non ha accolto la domanda dei suoi familiari.

Per invitare il Ministro della Salute, Renato Balduzzi, a rivalutare le sue posizioni, ammettendo una cura già sperimentata in alcune Regioni italiane e anche nella vicina Svizzera, si sta mobilitando tutta la rete, anche attraverso questa pagina facebook: perché la vita, la salute, il diritto di curarsi non possono dipendere dalla Regione in cui si ha la ventura di vivere, o peggio dal fatto di potersi permettere una cura all’estero.

Sofia, Celeste, Smeralda, Daniele: la loro storia, scritta attraverso le sentenze che concedevano o negavano per opposte ragioni, la terapia staminale, può forse essere riscritta, come scrive la mamma Caterina Ceccuti, nel libro “Voa Voa”, appena uscito per la casa editrice “Le lettere”.

“Chi per primo pronunciò il nome del male che affligge mia figlia, definì “bambini farfalla” quelli come Maria. Farfalla nel senso che durano il tempo di una stagione sola, poi spariscono senza lasciare traccia. Allora mi è venuta voglia di scrivere di lei, perché più persone possibile potessero innamorarsene com’è successo alla mia famiglia. E per dimostrare che con le farfalle – la mia Maria – ha in comune soltanto la bellezza”

Queste vicende sono solo un frammento di quella, più ampia, che ha visto anche l’intervento del pubblico ministero che ha ipotizzato, in capo alla Stamina, l’associazione per delinquere e la truffa ai danni delle famiglie dei piccoli pazienti, e la relazione negativa, su questa terapia, redatta per la Commissione Ministeriale da uno dei massimi esperti di biologia delle cellule staminali in Italia, Massimo Dominici.

Ricordiamo tutti il clamore suscitato nell’opinione pubblica dalla diffusione del metodo Di Bella, l’incertezza e la disillusione che provai, quando una cara persona morì senza poterlo “provare”, e che ancora non riesco a superare per la mancanza di una seria informazione.

Spero che la lezione ci sia bastata, e per questo raccolgo e faccio mio l’invito al Ministro ad approfondire la questione fino a superare ogni ragionevole dubbio, perché non si speculi sulla speranza di guarire, ma neppure si perda ogni prezioso istante, per rispondere alla legittima domanda di salute di questi bambini.

Stefania Stefanelli

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