Non voglio un figlio bulleggiato e gay

Ultima modifica 16 Marzo 2016

Leggi il titolo e ti fermi. Avrai letto male. Bullo e gay portano male. Due semplici parole che insieme formano “arco e freccia”, per poi colpire.

Colpiscono per uccidere il cuore, la bellezza della vita e il senso di giustizia, frantumano l’amore e lo trasformano in odio.

figlio

Un ragazzino di 14 anni in affido, quindi, è stato abbandonato dai suoi genitori naturali, poi riportato alla casa famiglia, da cui era finalmente uscito, abbandonato ancora, per ben due volte nella sua breve vita. Abbandonato a se stesso, rifiutato due volte e, per di più, da chi dovrebbe volere solo il suo bene, ovvero i genitori.

Per sua sfortuna, in nessuno dei due casi, in realtà, li ha avuti. Un genitore non dovrebbe abbandonare i propri figli, mai e per nessun motivo. E qui, specialmente la seconda volta, il motivo non c’è, non esiste.

Tuttavia, la cattiveria umana non ha limiti, né confini, ferisce, umilia, mortifica, violenta e uccide, spesso prima lo spirito e, poi, il corpo. Ma, tra i due, è peggio il primo, perché senza il corpo rimane solo un guscio vuoto.

Questo ragazzino ha tendenze omosessuali. È un ragazzino bulleggiato da coetanei senza cuore, nè spirito, perchè non si può vivere senza spirito, se sei buono. Ma, se in te il “marcio” regna sovrano e indisturbato, allora il tuo corpo vuoto vive per colpire, ferire.
E una massa di corpi senza cuore, come zombi armati di parole assassine, uccidono l’amore, la fratellanza, la felicità ed, evidentemente, anche quel poco di cervello che avevano i genitori affidatari, che immagino si saranno vantati con amici e parenti del loro grande cuore, per voler aiutare un ragazzino abbandonato. Già, ma poi i problemi e le difficoltà vincono.
Sopratutto, vince l’ignoranza e altri zombi si rivelano, adulti arrivati ad esserlo senza aver mai capito nulla della vita e di cosa serva per viverla davvero.

E, quindi, invece di stringersi accanto al ragazzo, per proteggerlo e dargli forza, loro che fanno? Si tirano indietro, se ne lavano le mani, circondati da altri idioti che gli dicono: «ma chi te lo fa fare?». Già, prché essere genitori vuol dire scegliersi il figlio come al supermercato, bello, bravo, simpatico e, soprattutto – mi raccomando – eterosessuale.

Perché, anche se io proprio non lo capisco, pensare di amare qualcuno del nostro stesso sesso ancora non è considerato normale, ancora dà fastidio e incita all’odio, al razzismo alla cattiveria, alla crudeltà più bieca. Personalmente, non lo capisco, né mai lo potrò accettare. E Dio, o chi per lui, – scegliete voi – lanci un fulmine d’ira e colpisca chi ha tanto ferito una giovane e innocente anima, facendo capire loro che sono morti viventi, vivono e respirano, ma sono morti dentro. Loro sì, mi fanno paura, vanno colpiti e resi innocui. Spero li tolgano dalla lista di possibili genitori, in quanto non esistono davvero perché, se arrivi a far questo, se sai far salire quel ragazzo in macchina e restituirlo a una vita di sofferenza, lavandotene le mani, non sei un genitore, nè lo sarai mai. Non esisti.

Spero che si sveglino dalla loro “non vita” e così possano capire, oltre che soffrire, perché se capissero il male fatto davvero, ne soffrirebbero e non potrebbero guardarsi le mani senza vederci tutto il marcio del loro cuore.

Nathalie Scopelliti

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