Kenosha – Intervista speciale ai miei figli

Ultima modifica 10 Ottobre 2019

Ho intervistato i miei figli. Be’, non era una vera e propria intervista quanto una chiacchierata sul lettone.

Ero curiosa. Aver avuto modo di conoscere molti ragazzi americani, mi ha dato la possibilità di fare un confronto. Ho però voluto capire il punto di vista dei miei figli, capire cosa pensano dei loro coetanei e dell’essere adolescenti in questo angolo di mondo.
Ovviamente non hanno un gran termine di paragone, ma so che sono ancora in contatto abbastanza costante coi loro compagni delle elementari.
Il primo intervistato è stato mio figlio, 15 anni. So che lui punta alto sia nella ricerca degli amici che di un’eventuale (mamma permettendo!!!!!!) fidanzatina. E poi ho intervistato mia figlia, 13 anni. Lei è più al pari dei suoi coetanei, per intenderci.

Le due domande su cui verteva l’intervista, erano:

In cosa secondo te sono diversi i tuoi coetanei americani rispetto a quelli italiani?
Cosa cerchi in un eventuale fidanzatino/a?
Come dicevo, mio figlio punta alto, lui ha bisogno di persone intelligenti intorno con cui poter parlare di libri, serie tv, cinema. Non sopporta le ragazzine che stanno sempre a farsi selfie. Lui ritiene che il grosso problema dei suoi coetanei qui, sia la totale, o quasi totale, mancanza di una guida. Alla base di tutto pare esserci la mancanza di radici profonde, di tradizioni che tengano legata la famiglia, di cultura e di curiosità. E qui anche mia figlia si è trovata molto d’accordo. Mia figlia ha raccontato infatti che i suoi amici italiani le chiedono continuamente episodi, aneddoti e informazioni sulla sua nuova vita, su come funzionano le cose, mentre i suoi amici americani non sono per niente curiosi di sapere come fosse la sua vita o la scuola in Italia. Forse nemmeno si rendono conto che possano esserci delle differenze. E a malapena sanno dove sia collocata l’Italia. E, a parer mio, la curiosità è indice di intelligenza.

La curiosità sviluppa la nostra intelligenza
La curiosità sviluppa la nostra intelligenza

Continuando la chiacchierata, entrambi sostengono che la mancanza di una famiglia unita, di solidi rapporti, si ripercuota sui ragazzi con la mancanza di capacità di mantenere solidi rapporti: la facilità con cui le coppier ricorrono al divorzio alla minima difficoltà, fa sì che anche i figli non imparino a combattere, a lottare per qualcosa, a faticare per tenere in vita un legame. E questo si ripercuote a quest’età sulle amicizie e più avanti sui rapporti di coppia.

Lo dissi già in precedenza, ma ricordo che a scuola e fra i loro amici, i miei figli sono fra i pochissimi ad avere mamma e papà ancora insieme. E la legge qui, salvo casi particolari, dà uguali diritti ai due genitori quindi i figli sono costretti a fare 3 giorni e mezzo con un genitore, e la sua famiglia allargata, e 3 giorni e mezzo con l’altro genitori e l’altra famiglia allargata. E ogni genitore deve riparare sul proprio senso di colpa.

Il background culturale ed emotivo dei miei figli, rispetto a quello dei loro coetanei americani, fa sì che abbiano maggiori difficoltà a trovare solide amicizie e eventuali relazioni “amorose”. Anche perché l’esperienza che li abbiamo costretti a vivere, li fa essere molto più maturi dei loro coetanei, di qualsiasi paese! E le loro pretese sono elevate.

Mia figlia poi pare confusa perché qui sembra impossibile che fra un ragazzo ed una ragazza possa esistere SOLO amicizia! Ma forse questo è valido anche in Italia. O almeno io mi ricordo che era sempre un problema perché ero quasi sempre l’unica ragazza in mezzo ai ragazzi e sentivo le spalle pesanti…

Renata Serracchioli

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