Genitori, fate attenzione ai tempi del bambino.

Ultima modifica 17 Giugno 2023

Novembre. I tempi del bambino vacillano.
Cadono le foglie, nascono le “attività pomeridiane” per i nostri bambini e… io non capisco.
I compiti diventano un impiccio e “ieri sono tornata alle sette ed ero morta di stanchezza” “sono stato 3 giorni al torneo ed ero stanchissimo” “ho fatto solo italiano perché matematica… era notte”.
E io ci credo alla stanchezza. Non si può pretendere nulla.

Un bambino stanco è un bambino stanco.

In quest’ultima settimana mi sarà capitato 4-5 volte di incontrarmi in vari contesti con la stanchezza dei nostri bambini dai 6 agli 11 anni. E siamo solo ai primi di novembre.
Lo stress viene dal non poter decidere se annoiarsi stesi, in piedi, in ginocchio o saltellando per casa.

bambino stanco

La lentezza non ha più posto nelle nostre case.
“Io non faccio altro che andare di qua e di là per portare quello a nuoto e poi a basket, la figlia a danza e l’altro a kung fu, uhuh, tutto il pomeriggio in mezzo al traffico, pioveva, non mi dire niente…”

Ma se siamo stressati noi, siamo sicuri che loro stiano meglio?
Qualcuno ci costringe a metterli in un frullatore?

Poi ci si deve fare i conti. Strilli nervosi, sbattute di porte, attenzione in tilt, memoria in panne, compiti delle 19.00.

Basta saperlo, esserne consapevoli e uno si attrezza…

Io sono una mamma fortunata. Ho tempo e cerco di sfruttarlo.

Vado in macchina e il mio sguardo va alle donne che, alle sette di sera, con le buste della spesa, prendono l’autobus, col viso stanco.
Penso, chissà se hanno un figlio che aspetta, con cui avrebbero voluto passare il pomeriggio? Per rispetto di mamme così, oltre che per l’amore, ovviamente, devo dare tempo alle mie figlie e cerco di costruire ogni giorno un tempo per loro per il fare, e un tempo per me, per ascoltarle.

Se pretendo che ricordino le loro cose, che si godano ciò che fanno e anche ciò che devono fare, devo lasciare loro la possibilità di farlo con tempistiche umane, devo ascoltarle e osservarle per capire.

“Sbrigati a fare i compiti ché poi abbiamo danza” a me suona male.

Che ci volete fare?
Chi ha tempo, chi è a casa il pomeriggio, dovrebbe riflettere un po’ sulla necessità di ritmi più lenti.
Io non voglio che una giornata sia un semplice contenitore di flash in cui lancio i bambini dalla macchina con un borsone sulle spalle, oppure al parco a sfogarsi.
Ma che sono, cavalli da corsa?

Le attività vanno scelte in base alle necessità ed alla serenità dei bambini e della famiglia, almeno fino a 12-13 anni; e  lì, se vogliamo assistere ad una minima capacità di scelta consapevole delle possibilità e dei limiti, ce li dobbiamo accompagnare dando loro un esempio di organizzazione serena e non di un polpettone alla”comevieneviene”.

Non riuscire a fare tutto è umano.

Ci sta l’eccezione nella quale “mi si sono intrecciati i figli”… però non dovrebbe essere la norma, altrimenti qualcuno esplode e non sempre è il genitore.

Seguire un’inclinazione mi sta bene e fa bene (io ho fatto danza per 17 anni, so che vuol dire), ma accordarle tutte sapendo che la scuola rimane l’ultimo dei loro pensieri, questo no.
Quando si sono abituati ad affastellare attività e mettere i compiti e le necessità scolastiche all’ultimo posto, togliendo anche quel gusto al fare bene, all’approfondimento, è difficile portarli ad un nuovo modo di affrontare la scuola a 14 anni.

I bambini crescono come frutto di una consuetudine familiare.
Non si inventano niente da un giorno all’altro.

Un consiglio per rispettare i tempi del bambino.

Visto che l’inizio di un nuovo anno scolastico non è una delle tante feste di compleanno per ritrovarsi e, come ogni inizio, ha la sua complessità accessoria rispetto al precedente, per decidere le attività migliori e meno pesanti si dovrebbe almeno attendere un periodo di ripresa dei ritmi, dell’attenzione, del senso del dovere assopiti durante l’estate.

Quest’anno la scuola dell’infanzia di mia figlia ha iniziato il percorso seguendo una nuova prospettiva pedagogico-educativa che sta prendendo piede (fortunatamente) anche in Italia, da qualche anno: la Slow school.

L’attenzione ai tempi del bambino, l’eliminazione dello stress nel lavoro che deve essere a misura delle piccole menti.

Ecco, questa esigenza nasce a scuola, ma si sta sviluppando da anni anche in reti di famiglie che mettono la serenità e i tempi del bambino di fronte a tutto.

E’ un’emergenza del nostro tempo: smettere di correre quando possiamo rallentare.

8 COMMENTS

  1. Sono una docente e sono d’accordissimo .Ti ringrazio ! Sto leggendo un libro sul tema di Zavalloni dal titolo ” La pedagogia della lumaca ” e’ molto interessante ve lo consiglio.Buonanotte!

  2. Sono pienamente d’accordo ma non e’ sempre facile. Dipende anche dal carattere dei bambini. Io ho una figlia di 6 anni. Per fortuna non fa tempo pieno a scuola (anche se noi genitori lavoriamo 8 ore al giorno, 40 a settimana). Fa due rientri a settimana in cui esce alle 16.00. In quei due giorni alle 17.30 ha danza moderna. Il tempo di tornare a casa, fare un po’ di merenda e poi la cara nonna la accompagna a danza. In quei due giorni per fortuna, visto che esce alle 16.00, non ha nemmeno compiti per il giorno dopo. A parte lo sport non ha altri impegni. Lo trovo sensato e direi pure fondamentale…
    Gli altri tre giorni invece la bambina esce da scuola alle 12.30 e non ha altro da fare se non svolgere i compiti di italiano e/o matematica, insieme alla santa nonna… per poi dare libero sfogo al gioco.
    Al sabato noi genitori siamo finalmente a casa e io, mamma, al pomeriggio la porto a un corso di nuoto (intanto con l’arrivo dell’inverno meglio sfogarsi in piscina piuttosto che stare davanti alla TV…) Il problema del “correre” purtroppo, ahime’, a volte capita. Infatti, sembrera’ un caso ma nel pomeriggio del sabato mia figlia ha tanta voglia o di giocare o di guardare qualche cartone animato. Quando arriva l’ora di prepararsi per la piscina io mi vedo costretta a fare due scelte: o staccare la corrente in modo che la TV improvvisamente si spenga (“eh… tesoro, e’ rimasta troppo tempo accesa e c’e’ stato un black out”…. e per fortuna lei ancora ci crede….) oppure, se voglio essere meno “cattiva” ma sempre poco corretta le lascio la TV accesa fino all’ultimo minuto e la preparo io, mentre lei se ne sta imbambolata davanti alla TV. La cambio come una marionetta, le metto il costume e i vestiti per uscire, le preparo la borsa per la piscina, insomma la vizio per lasciarle fare cio’ che piu’ le piace (altrimenti sono strilli e proteste da parte sua). Poi, al momento di uscire devo quasi minacciarla perche’ lei non si schioderebbe dalla TV. Purtroppo i ragionamenti tranquilli e tutte le spiegazioni pedagogiche del mondo non funzionano: gia’ provate.
    Il punto e’ che non la si mette in ragione con nulla! Sara’ ancora piccola per capire, a 6 anni? Amore preferisci guardare la TV o andare in piscina? Lei ovviamente non sa rispondere perche’ vorrebbe fare entrambe le cose e non capisce che non si puo’ ottenere tutto nello stesso preciso momento. Per fortuna poi, una volta in piscina, si diverte da matti e le piace davvero tanto nuotare e fare i tuffi. Mia figlia e’ anche figlia unica quindi per noi e’ importante che pratichi qualche attivita’ sportiva per socializzare e vivere con i suoi coetanei, anche in inverno, quando fuori magari piove e non c’e’ modo di andare al parco giochi per divertirsi all’aria aperta. Quindi palestra e/o piscina sono scelte a mio avviso necessarie. Ovvio che la frase “sbrigati, spegni la TV che e’ ora di nuoto” fa parte del dialogo quotidiano del sabato pomeriggio ma per ora non vedo nessuna alternativa.
    Idem quando si tratta di uscire per “fare un giretto”. Lei magari non vuole uscire perche’ in quel momento si diverte a giocare in casa. Quando poi e’ fuori, e si diverte… eccome se si diverte… non vorrebbe piu’ rientrare in casa!
    Ecco perche’ all’inizio ho scritto che sono d’accordo sul fattore “lentezza” ma spesso dipende dal carattere molto contraddittorio tipico di tanti bambini. Almeno con mia figlia funziona così.
    Come rimediare? In medium stat virtus, lo so. Infatti l’unica cosa che proviamo a fare noi genitori e’ trovare la giusta via di mezzo. Quando possiamo rispettiamo i suoi tempi ma non e’ sempre possibile…

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