Lo sviluppo dell’identità

Ultima modifica 20 Giugno 2019

Come raccontavo qui qualche anno fa, ho seguito dei corsi sulle dinamiche genitori/figli. In uno di questi incontri si è parlato dello sviluppo dell’identità.

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I soggetti principali sono, come sempre, i nostri figli adolescenti e come cercare di aiutarli in questa fase di crescita. Partiamo dalla considerazione che la qualità della vita è un processo dinamico. Non c’è una fase della stessa senza cambiamento.

L’individuo è, infatti, frutto d’interazione tra patrimonio genetico e ambiente in cui si vive. Non è più valida la teoria dell’innatismo del passato (solo dotazioni di partenza), l’ambiente in cui si vive ha un ruolo fondamentale. È chiaro che è difficile cambiare il patrimonio genetico, si può migliorare l’ambiente, il contesto, migliorare la qualità di un ambiente adeguato, che contribuisce a diminuire i disagi.

L’identità è l’idea che l’individuo ha di sé, che riempiamo piano piano durante il corso della vita, come un sacco sempre aperto, in cui è necessario a volte buttare ciò che è superato, per aggiungere nuove cose. Identità: una miscela continua.

Quali sono, pertanto i fattori che costituiscono l’identità di un individuo?

Una parte è data dalle capacità di base, quelle ereditate, per intenderci (capacità artistiche, una bella voce, etc.).

Poi, si aggiungono le conoscenze significative: ciò che si impara da piccoli.

Le abilità specifiche: quello che si sa fare meglio. E qui voglio fare una riflessione. La nostra cultura è portata, quasi sempre, a evidenziare ciò che è negativo, piuttosto che valorizzare le positività. Facciamo un esempio. Un ragazzo a scuola va male in matematica, ma va bene su tutte le altre materie, ebbene, sfido la maggioranza dei genitori a non porre l’accento su questa sua incapacità, piuttosto che riconoscere le sue capacità sulle altre materie, lodandolo per questo. Non siamo quasi mai contenti.

Continuando sui fattori, che contribuiscono a formare l’identità di un ragazzo, ci sono quelli che vengono definiti gli atteggiamenti, per esempio, lo stesso modo di fare di un genitore, i tratti che il bambino respira in famiglia, che acquisisce e che nessuno ha mai insegnato.

Aggiungiamo i valori individuali: il concetto di valore entra in gioco, per esempio, quando il ragazzo comincia ad avere una vita sociale più identificata (a 16 anni, se butta una cartaccia per terra, a scuola, viene considerato un maleducato). Tuttavia, ci sono valori fondamentali nell’infanzia, che danno la capacità al ragazzo di avere poi regole di vita quotidiane “normali”, perché ha acquisito nell’infanzia la consapevolezza di dover fare alcune cose in quanto “regole” (lavarsi i denti, lavarsi le mani, dire sempre grazie, e altro).

Infine ci sono i valori sociali: rispetto, tolleranza, etc.

Pertanto, nella formazione dell’identità intervengono e interagiscono tra  loro la cultura, la scuola, la famiglia, le componenti biologiche, etc.

Ma l’identità ha anche delle caratteristiche:

realistica: ossia “chi sei tu”, o meglio, quanto meno, “chi non sei tu”. Con questa consapevolezza affronta, peresempio, esperienze nuove con minor frustrazione: gioca a calcio, ma ha la consapevolezza di non essere un futuro Totti;

positiva: la consapevolezza dei propri punti di forza e di debolezza;

dinamica: è un processo continuo.

Il genitore, spesso e involontariamente, non aiuta, catalogando continuamente certi atteggiamenti del proprio figlio: “sei sempre il solito”, questa frase, se detta abitudinalmente, contribuisce a far sì che quel bambino diventi esattamente come lo stiamo catalogando; “sei il solito pigro”, lo aiutiamo a diventare pigro, adesione allo stereotipo.

Scrive Anna Oliverio Ferraris:

«L’identità personale e la stima di sé non si costruiscono solo sulla base delle caratteristiche individuali, ma anche in rapporto all’immagine che di noi stessi ci rimandano gli altri, alle loro valutazioni, più o meno benevoli, più o meno comprensive o incoraggianti»(2003).

E chi, se non noi genitori, per primi, dobbiamo comprendere, sostenere ma, soprattutto, incoraggiare i nostri figli?

Paola Bianconi

Bibliografia

Miller, Teorie dello sviluppo psicologico

Immagine

René Magritte – Decalcomania, 1966

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