FIAT fu…

Ultima modifica 20 Aprile 2015

Fabbrica Italiana Automobili Torino così si spiega l’acronimo, ma i tempi sono cambiati e prima in altre parti d’Italia poi nel mondo sono nati e sviluppati tanti altri stabilimenti, così la FIAT è diventata una multinazionale.

Ma da tempo le cose per gli stabilimenti italiani non vanno bene. Risaliamo agli anni settanta quando iniezioni di denaro, aiuti e quant’altro possibile erano continuamente erogati dallo Stato Italiano per poter permettere la loro sopravvivenza. Terminati gli aiuti, impediti dalle regole dell’eurozona, c’è stato il crollo.

Si dice sia colpa della scarsa produttività del personale italiano, si dice che la colpa sia dei modelli di auto che la direzione si ostina a produrre, della mancanza di novità, si dice…

Marchionne afferma che sarebbe un suicidio investire denaro in Italia se le vendite delle auto sono precipitate, se pochi acquistano auto targate FIAT e invoca misure straordinarie, da parte dello Stato, anche se, ad esempio in Brasile le loro automobili “vanno alla grande”, che hanno contribuito alla rinascita di quel paese, ma con regole diverse da quelle italiane, con incentivi, detassazioni  e quant’altro possibile sino a raggiungere una quota dell’80% nelle spese di costruzione di un secondo stabilimento.

Cioè, fatemi capire, i proprietari di un antico stabilimento incamerano i profitti, ma dividono  le spese con la collettività e questo in nome del lavoro che offrono?

Io capisco che, per attirare investitori o industriali che siano, un Paese faccia a loro ponti d’oro, detassino le loro imprese per qualche tempo, trovino e offrano i terreni per le costruzioni a prezzi quasi azzerati, ma da qui a sovvenzionarli sine die ce ne corre.

Piuttosto penso che la profonda crisi della FIAT sia iniziata quando siano state installate sul territorio italiano officine di riparazione di automobili prodotte all’estero, con conseguente reperimento immediato di pezzi di ricambio e di verifica delle stesse da parte di personale dedicato.

Abbinato all’innegabile esterofilia che permea l’italiano in genere e al mancato senso di orgoglio per le proprie cose (a meno che non si tratti del cibo, ma anche qui…) oltre alla dichiarata proletarietà delle auto FIAT.

L’attenzione dell’italiano si è rivolta, quindi, verso automobili di altre marche, anche gli stessi dipendenti non riempivano più i parcheggi con le auto da loro stessi fabbricate.

E le auto blu, le FIAT 1800, le più prestigiose Lancia o Alfa Romeo hanno lasciato i posto a Mercedes, Audi, BMW.

Non era più tempo delle piccole 500 o 600, ci si rivolgeva a Ford, Citroen e Wolkwagen, e contemporaneamente diminuiva il mercato per le FIAT.

E sono iniziati i problemi, ma erano gli anni settanta, di Marchionne nemmeno l’ombra. Personalmente mi ricordo di un certo Romiti e a capo di tutto non c’era un giovane, ma l’importante Avvocato, e sono iniziati gli “aiuti”.

Ora tutti sparano a zero, ma quanti di loro possiedono un’auto FIAT?

Magari come seconda, terza o quarta automobile? Ma no dai!, è più “prestigiosa” la Smart, ma la FIAT deve continuare a produrre, per chi? E che cosa?

E’ vero Marchionne aveva garantito investimenti importanti, la ripresa di produzione di alcuni stabilimenti FIAT contro l’accettazione di tagli alla normativa e ai salari dei lavoratori, all’incremento della loro produttività, ma le vendite delle auto FIAT sono calate in modo impressionante, pochissimi le acquistano, hanno perso ulteriore terreno in Italia e allora, dice Marchionne, non c’è ragione di investire, non è tempo di investire a meno di non ricevere aiuti dallo Stato.

E non c’è nessuno che dica che se si vuole salvare le fabbriche è necessario che la gente acquisti le auto altrimenti…

 

Nonna Lì

1 COMMENT

  1. Credo che l’eredità pesante degli incentivi ricevuti dalla Fiat nei decenni scorsi siano l’unico motivo per il quale Marchionne non ha già da tempo chiuso tutte le fabbriche italiane e spostato la sede a Detroit.
    Mi sembra evidente il disinteresse per l’Italia in una persona, anche forse giustamente, abituata a pensare in chiave internazionale. Il citato Cesare Romiti l’anno scorso, in una pacata intervista di Corrado Augias, disse educatamente che in periodi di crisi bisogna investire e non il contrario; non credo che Marchionne sia più stupido quando sostiene la tesi opposta…
    La Fiat ha sperperato il denaro italiano, non ha investito in innovazione, ha vissuto di rendita, ma poi i nodi sono venuti al pettine, alimentando l’esterofilia degli italiani, assolutamente giustificabile e legittima.

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