Scuola, una preziosa giornata storta

Ultima modifica 21 Marzo 2017

In una giornata di sole, il freddo secco  alle 8 di mattina sveglia i faccini che entrano con le guance rosse e gli occhi lucidi. E va tutto bene, come sempre.
Poi, mentre ci si prepara e si svuotano gli zaini “Maestra c’è fuori Barbara che sta piangendo!”

Noooo, ecco… si è fatta male (come ogni volta, la prima cosa che conta e a cui pensi è l’incolumità dei bambini per loro, per i genitori che te li affidano, per la scuola e per te che li prendi  in consegna) e corri fuori dall’aula in un decimo di secondo. Invece è tutta intera (meno male).
Per fortuna c’è solo da parlare un po’, io e lei, rientrando in classe.
Provo a strapparle un sorriso perché è l’unica cosa che posso fare, ma il suo problema le spunterà in testa ogni tanto, tra un rettangolo e una frazione, finché non sarà uscita. Ma sta bene. Ok, si comincia…

Scrivo alla lavagna…1,2,3…. cade Luca con tutta la sedia, un tonfo nel silenzio.
Alla velocità della luce si rialza “Non, mmm….no no, non mi sono fatto niente. ahio, però non mi fa tanto male… un po’ la mano (sventolando la sinistra)…. forse ci metto un po’ d’acqua” .
Oggi non ci siamo proprio.
“Vai a metterla sotto l’acqua fredda, anzi fammi vedere.  Vai a chiedere il ghiaccio che è meglio”

Gesso in mano, ok, si comincia.
“Chi è questo mese il responsabile delle fotocopie? Claudio? Mi vai a far fare 21 copie di pagina 23? Grazie, non correre che oggi è una giornatina.”
“Ok maestra, volo!” “Nooooo devi andare PIANOOOOO! “

…torna intero ma, la fotocopiatrice non va. L’ultimo dei miei problemi, però, cavolo, anche lei!

Poi all’improvviso, mentre lavorano, in quei 20 preziosi minuti di silenzio, li guardi e ti balena in testa che hai nelle mani 21 + 21 (2 classi …42 bambini) per 5 ore ogni giorno e ti si stringe il cuore. E pensi che vorresti abbracciare forte quelle maestre che hanno perso nelle loro mani un piccolo perché non le puoi capire ma puoi sentire in un secondo il peso della loro paura.

E loro lavorano in silenzio e tu pensi che i primi commi dell’articolo 2048 del Codice Civile, che ti dicono un sacco di cose riassunte banalmente nel fatto che la tua presenza in classe sempre e comunque e l’aver fatto tutto il possibile ti protegge, non possono proteggerti dal dolore…
Articoli su articoli ti dicono che la legge non è neanche oggettiva…come non lo è ogni nostra giornata a scuola. Cosa c’è di oggettivo se non soltanto il fatto che siamo lì, insieme? Cosa c’è di oggettivo nel lavorare con una ventina di piccole persone che dipendono da te e che potenzialmente possono farsi male anche solo andando in bagno?

Beh, non è catastrofismo. Sono attimi di lucidità che ti danno la misura del tuo lavoro, dell’impegno e dell’attenzione che devi porre nel curare una classe. Una delle mie più grandi fortune è quella di avere una collega su cui poter contare sempre (cosa affatto scontata) , con cui condivido l’amore per questo mestiere e il valore immenso dei bambini, sempre, comunque e a qualunque costo. Da quando sono mamma ancora di più, perché do agli alunni quello che vorrei ricevessero le mie figlie (e per fortuna lo ricevono).

I venti minuti sono scaduti…”Maestra mi correggi?” “Maestra ho finito!” “Perché passi avanti? C’ero prima io!” “Ah, vabbè, hai ragione, scusa”…Li guardo e penso che va bene così.

“Passa il quaderno, và, vediamo un po’.”

Per fortuna non fanno silenzio tanto spesso.

 

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