Non sono un’amante dei parrucchieri, e loro lo sanno bene!

Ultima modifica 6 Ottobre 2020

Chi mi conosce lo sa bene.
Non sono un’amante dei parrucchieri.
Mentre per le altre donne sono motivo di svago e benessere per me sono fonte di stress e malessere.
Arriva, però, il giorno in cui non posso rimandare oltre.
Succede esattamente quando la mia testa riproduce per metà il cranio di cugino ITT e per l’altra metà Morticia Addams. E non è solo questione di colori che fanno a cazzotti tra loro. È anche questione di peli.
Folte basette, che farebbero invidia pure a Little Tony, spuntano in maniera imbarazzante ai lati del viso.

Così mi trascino da LUI: Il parrucchiere, o coiffeur, o hairdresser o hair stylist. Insomma, comunque lo vogliate chiamare, avete capito. Varco la soglia e il mio Buongiorno rotola nel vortice rumoroso del phon.

parrucchiere_per_signoraLUI resta piegato sul bigodino che avvolge i capelli biondo platino di un’arzilla ottantenne. Poi, alzando appena appena un sopracciglio, domanda:

«Che deve fare? »
«Un miracolo», butto lì con fare simpatico.

Ma quello è ermetico. Non coglie.
E si parte male.

«Ricrescita e spuntatina», rispondo allora impacciata.

Mi squadra con aria commiserevole.

Mi fa accomodare e mi piazza quarantadue riviste che normalmente non leggerei manco sotto tortura cinese. L’attesa, però, sarà lunga, quindi, dopo aver roteato le pupille per tutti gli anfratti del salone, opto per i cataloghi con le nuove tendenze e scopro che la frangetta è tornata di moda.

La frangetta. La moda. Lo sguardo intenso dei miei vent’ anni.
No.
Allontano subito il malvagio pensiero.
Non ho la costanza per la frangetta. Né il capello adatto.
Mentre sono immersa nei miei pensieri il parrucchiere si avvicina.
Solleva con fare schifato un ciuffo e arriccia il naso.

«Dobbiamo fare un bel lavoro», sentenzia. «Farò una base cioccolato, che sfuma nel cenere e poi un bel balayage.
O forse preferisce uno shatush? Sì, via… il colore uniforme le “sbatte” il viso. Una schiarita sulle punte è sempre molto chic.»

Fa tutto lui. Domande e risposte in un monologo mascherato da dialogo.

Dopo avermi rintontita di parole, mi affida alle mani esperte della complice, altrimenti detta “la sciampista” e mentre LUI mescola misture in una ciotola da gatto, la complice mi avvolge in un “confortevole” sacco di spazzatura nero. Poi mi spennella i capelli lasciandomi tramortita dal freddo per quaranta minuti.
Quando sono completamente ibernata mi accompagna al lavaggio.

«Si appoggi. Più giù. Più su. Va bene così l’acqua?»

No bella. Il camice prude. Il collo mi fa male. L’acqua è troppo calda e tu con quelle unghie lunghe quattro metri mi stai scorticando il cuoio capelluto, ma dalla mia bocca cosa esce?

«Tutto benissimo, grazie!!»

«Oddio che capelli secchi. Sciupati. Stressati. Dobbiamo fare una maschera ristrutturante, rivitalizzante; ha il capello depresso e pure un poco lesso. Diamogli tono con la maschera dell’Himalaya e ammorbidiamo con un impacco all’olio di Argan.»

Va bene. Mi fido. Quello che conta in fondo è finire prima possibile e tornare a casa.
Altri quaranta minuti a morire di freddo con la maschera in testa.
Poi mi siedo davanti allo specchio e LUI ritorna da me.

<<Ohhhhhhhhhhhh, che magnifico colore! È una meraviglia. Bellissima!>>

Sì, bellizzima, sì!! Bellizzima! Me lo ripeto felice nella mente e già mi sento figa come la tipa dalla fluente chioma che sta spalmata sulla parete d’ ingresso.

LUI prende le forbici.
Solo una spuntata.
Taglia, sfila, aggiusta, guarda, soppesa. Mi ritrovo con un caschetto.

«Ohhhhhhhhhhhhh… questo taglio le sta divinamente. E poi vedrà! È portabilissimo. E adesso brushing
Che?
«Tranquilla, tesoro. Le faccio la piega.>>

E allora chiamala piega, no?

Quando finisce mi sento gnocca. Inutile dire di no.
Mi sfiora i capelli con tre gocce di olio di semi di tulipano, con trito misto di cristalli di semi di lino. Mi convince che non ne posso fare a meno neppure a casa.
E mi mette in conto anche una di quelle boccette magiche.

Vado alla cassa e mentre cammino ancheggio per far fluttuare i folti capelli nuovi.

LUI prepara il conto. IO nel pagare, con sgomento, scopro che:

  • Il colore è estratto nientedimeno che della tavolozza di Picasso
  • Lo shatush è un’antica tecnica appresa da LUI direttamente in Cina
  • I semi per i trattamenti a base di Argan sono stati raccolti sempre da LUI a mani nude in terra africana
  • Il brushing è più caro di una volgarissima piega
  • I cristalli non sono di semi di lino, ma di diamanti purissimi
  • Nel conto è compreso pure il costo del volo aereo per l’Himalaya

Esco dal salone con la chioma al vento, azzoppata dal conto salato e… con la frangetta!
Perché si sa: è portabilissima!
Ed è così che il giorno dopo mi sveglio con i capelli color vomito e quattro peli sulla fronte che ballano la pole dance perché di ballare il liscio, i miei capelli, davvero non ne vogliono sapere!

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