Quel giorno che il Preside fece il supplente

Ultima modifica 15 Luglio 2019

 

Insomma, è un periodo che non ne va bene una: un piccolo ma delicato intervento chirurgico che mi ha messo k.o. per alcuni giorni, una tonsillite senza tonsille (ho vinto qualche cosa?) e ora la figlia con lo streptococco. Il mese di gennaio e quello di febbraio l’ho fatto davvero “a strozzi e bocconi”.

Capita, siamo umane ma, anche se non dovrebbe essere, l’assenza di un’insegnante mette in difficoltà tutti: con i tagli che ci hanno falcidiato negli ultimi anni e dal 2008 in poi,  le nostre ore sono davvero contate e incastrate come tasselli. Figuriamoci quando sono due o tre a mancare lo stesso giorno: si può generare un vero e proprio caos totale. La supplente non viene chiamata dal Preside se non dopo cinque giorni di certificato medico (questa è la legge attuale) e, talvolta, non bastano neanche.

preside in classe

Facciamo un passo indietro: prima delle “famigerata” legge Gelmini del 2008 che smantellò il modulo in “favore” di un maestro unico/prevalente, nella scuola primaria, c’era un numero consistente di ore di “compresenza” (ore in cui c’erano due insegnanti nella stessa classe contemporaneamente).

La compresenza non era, come pensava qualcuno, uno spreco economico e di risorse, ma una vera e propria opportunità.

Due insegnanti in classe potevano seguire gruppi di livello, fare potenziamento agli alunni in difficoltà o stranieri, fare attività alternativa ai bambini che non usufruivano dell’insegnamento della religione cattolica e, in ultima battuta (anche se era praticamente la regola), supplire alla mancanza delle colleghe in altre classi.

Attualmente, la compresenza non deve esistere più (è chiaramente più economico pagare un solo insegnante per ciascuna ora di lezione che non due) o, quantomeno, è ridotta all’osso. Da noi (e siamo tra i più fortunati) riusciamo a coprire giusto un’assenza per giorno, due creano il caos, tre la catastrofe.

E la catastrofe arrivò venerdì scorso.

Eravamo tre a mancare quella mattina, ciascuna con i motivi più disparati e sopraggiunti proprio la mattina stessa. Purtroppo sono cose che capitano, anche tra le insegnanti. Ma, se un impiegato può affidare, durante il suo periodo di malattia, una pratica urgente al suo collega, un’insegnante lascia la sua classe inevitabilmente scoperta.

Quel giorno supplì da me il Preside. Come un capitano che non abbandona la sua nave che sta affondando (perdonatemi il paragone tragico, ma la scuola pubblica versa davvero in condizioni pietose), unì le due quinte (fortunatamente ciascuna soltanto di 15 alunni) e fece una lezione di italiano.

Certo, in maniera un po’ improvvisata e molto lontana dal nostro metodo di lavoro (almeno da quello che mi hanno raccontato gli alunni galvanizzati dall’aver avuto un supplente così “particolare”) ma, in fondo, è un professore di informatica che viene da anni di insegnamento alle scuole superiori e di bambini sotto i quindici anni ne sa ben poco.

Però, ho apprezzato molto il suo gesto. Avrebbe potuto dividere i bambini e darne quattro o cinque per ciascuna collega presente in classe. In questo modo i bambini non avrebbero certamente lavorato ma l’assistenza sarebbe stata garantita.

Ha deciso, invece, di uscire dal suo ufficio e di tappare le falle di una nave che, purtroppo, se non si fa nulla per ripararla, colerà a picco molto presto.

Ma, soprattutto, non ci ha fatto fare la solita guerra dei poveri tra le colleghe: avere in classe bambini di altre classi, perché una nostra collega è assente o addirittura supplire in altre classi, è difficile per tutti, ma è anche un diritto stare male o avere problemi familiari, come tutti, senza spesso e volentieri rinunciare o venire a scuola con la febbre perché si ha paura di dover lasciare la classe scoperta.

Insomma: anche il Preside è un insegnante e sta dalla nostra parte. E, forse è poco, ma mi dà ottimismo!

Arianna Simonetti

 

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