Ultima modifica 3 Maggio 2018
Nuvole di polvere si sollevano per le strade di Kabul: non sono convogli militari, ma ragazzi e ragazze afgane che schizzano via veloci con i loro colorati skateboard. Sono bambini negli loro abiti della tradizione afgana che affondano i piedini nel terriccio delle strade per darsi la spinta verso un futuro migliore: quello che dal 2007 Oliver Percovich, fondatore dell’organizzazione non governativa Skateistan, costruisce in Afghanistan da quando quello straniero “con i piedi incollati per magia su di una tavola con le ruote” – come lo ribattezzano i vecchi afgani che lo hanno visto passare – inizia a gironzolare per le strade della città in compagnia del suo skateboard, al cui seguito si riuniscono frotte di bambini.
Passano poco più di due anni, e l’ANOC, la Commissione Nazionale Olimpionica Afgana, concede a Bercovich un’area di 5248 mq ed esattamente il 29 ottobre 2009 apre a Kabul “Skatestain Park”, il primo parco per skateboarding di 1750 mq dove più di 300 tra ragazzi e ragazze di età compresa tra i 5 e i 17 anni sono liberi di scorazzare, arrampicarsi e cadere dalle tante rampe, che nulla hanno da invidiare a quelle delle metropoli occidentali.
Da allora Skateistan ha aperto una scuola in cui si contano circa 270 studenti afgani, di cui circa 200 sono bambini di strada, fenomeno tristemente diffuso in questo paese sconvolto da più di 20 anni di conflitti. E se lo skateboarding è il richiamo che attira questi ragazzi curiosi, una volta arrivati presso il centro essi si ritrovano presto coinvolti in una serie altre attività altrettanto significative per la loro crescita umana, culturale e civile.
Gli studenti – in classi rigorosamente separate tra maschi e femmine – partecipano a loro piacimento e senza nessuna forzatura alle classi di loro interesse. Qui si insegna inglese, giornalismo, educazione ambientale e multimedialità. Si organizzano corsi di teatro, i ragazzi imparano a stare davanti una telecamera, a scrivere e a girare video. Alcune classi hanno come focus l’interscambio culturale: ci si collega via Skype con paesi come la Svizzera, con l’Australia, con il Perù, con l’Olanda e si dialoga e si stringe amicizia con coetanei a migliaia di chilometri.
Insomma tutte le attività di questo organizzazione scorrono sul filo della tecnologia 2.0, come ci racconta Madina in questo video:
I giovani afgani – molti dei quali analfabeti (per loro è stato attivato un corso speciale chiamato “back to school”) in questo modo vengono spinti a connettersi con il resto del mondo. Molti hanno un loro profilo su Facebook, sanno girare video-messaggi e caricarli su YouTube o Vimeo. Magari non sanno scrivere in lingua dari (la lingua afgana), ma presso Skateistan imparano a comunicare con i linguaggi di internet, dei social network e dei video.
Ognuno qui, ragazzo o ragazza che sia, viene incoraggiato ad aprire un proprio blog attraverso il quale comunicare con coetanei di ogni dove. Molte classi vengono filmate ed i video spediti via posta presso le scuole gemellate che, a loro volta, filmano e rispediscono. A volte poi, i ragazzi, seduti nei loro banchi, un po’ tra l’imbarazzato e il divertito iniziano a raccontarsi e a parlare delle loro famiglie, delle loro usanze, dei loro desideri, delle tradizioni, delle speranze.
Pensieri in libertà. Liberi.
Paola Lovera