Sono terminati i giochi

Ultima modifica 20 Aprile 2015

Ho potuto vedere le ultime tre giornate dei giochi paralimpici grazie alla televisione privata (SKY) che ci ha regalato ben 3 canali dedicati con la possibilità di seguire tutte, dico tutte, le gare.

Vi dirò che è stato più emozionante e coinvolgente osservare queste che le “sorelle maggiori” quelle, per intenderci, piene di atleti di grandissima fama, quelle più osannate, quelle a cui anche la Rai ha dedicato l’intera programmazione di un canale, oltre naturalmente ai normali canali sportivi, non che le Olimpiadi londinesi non mi abbiano interessato, anzi, ma queste hanno un altro sapore, la vittoria è veramente di tutti dal primo all’ultimo dei concorrenti, e qui è veramente applicato il motto decoubertiniano “l’importante è partecipare non vincere”.

Anche il cielo ha osservato con un occhio di riguardo questi giochi, mentre gli altri, quelli dei normodotati (per definizione, ma…) sono stati “visitati” dalla normalmente ricorrente pioggia inglese, questi sono stati gratificati da un tempo magnifico, eccezionale da quelle parti, molti direbbero che sono stati benedetti.

Ma vi voglio parlare dei commentatori, precisi e puntuali che si entusiasmavano delle performances, increduli davanti alla messe dei record mondiali, continentali, nazionali e personali che venivano battuti ad ogni  piè sospinto e, a meno che non fossero attori formidabili da super premi Oscar, si sentiva la loro intima soddisfazione, la gratificazione personale di aver potuto dar voce alle gare, di trasmettere ai telespettatori la loro gioia, le loro emozioni, le vittorie assolute o personali, con piccoli aneddoti del vissuto degli atleti, dati lievemente, anche se alcuni veramente drammatici, con partecipazione personale, mai con distacco e senza pietismi o commiserazioni.

Soprattutto ammirati dalla volontà degli atleti, dalla loro perseveranza nel perseguire i risultati, sottolineandone i progressi, preannunciando possibilità reali di ulteriori miglioramenti.

Che dire di più: bravi.

Mio marito, che aveva seguito le gare sin dal loro inizio, era ansioso di condividere con me la scoperta di metodologie nuove, tali da offrire a tutti possibilità fino a ieri impensate ed impensabili.

Mi spiego: quando Aldo mi ha detto che ci sarebbero state gare di pallavolo, io pensavo che si fosse sbagliato, che non fosse possibile per esempio gareggiare in carrozzella, invece ho visto una partita in cui, abbassata la rete, gli atleti gareggiavano seduti per terra, scivolando, anche elegantemente e velocemente, all’inseguimento della palla e il gioco si svolgeva normalmente, con pochi cambiamenti del regolamento.

Ho visto gare di nuoto dove i “non vedenti”  venivano toccati con una canna a due bracciate dalle sponde per segnalarne l’avvicinarsi, permettendo la virata, segnali di partenza luminosi per non udenti, diverse modalità di partenza a seconda della tipologia della disabilità dell’atleta.

E l’atletica? Corse di una bellezza incredibile, capacità di lancio, da seduti, veramente importanti e ogni lancio, ogni performance era una vittoria sottolineata da un sorriso, da un gesto di giubilo.

Mi ha colpito un atleta, di cui, purtroppo, non ho visto la gara, solo che era li sul podio, premiato con una medaglia di bronzo. Non era solo, aveva un accompagnatore, non perché fosse cieco, ma aveva una incapacità di coordinamento importantissima: muoveva in continuazione, e disordinatamente, ogni parte del suo corpo, nessuna esclusa, eppure… eppure era riuscito a lanciare un disco a distanza tale da meritarsi quella medaglia, gareggiando con atleti con la stessa tipologia di handicap è vero, ma con la patologia infinitamente meno disabilitante. Era riuscito ha coordinarsi a sufficienza per lanciare un disco. Esaltante!

Atleti che riuscivano a gareggiare aiutati dalle voci degli allenatori, sostenuti dal loro braccio, guidati da un battito di mani. Ho visto una partita di calcio di non vedenti che, nel rettangolo di gioco erano soli, e che segnalavano la posizione con la voce, che riuscivano a centrare la porta, togliere il pallone all’avversario, passarlo ad un compagno e il portiere riusciva anche a parare! Purtroppo ho visto solo pochi ultimi minuti della partita e non ho sentito le informazioni sul come si poteva raggiungere tali risultati, non sono riuscita a capire, e ancora adesso non mi spiego, come potessero giocare così con una maschera a nascondere gli occhi, per on vedere neppure quel barlume di luce che alcuni di loro intravedono.

E non parliamo poi degli allenatori, degli accompagnatori, di quelli che si “limitano” a portare gli atleti sulla linea di partenza, a quelli che li sostengono durante la gara, che gareggiano vicino a loro, che li sostengono con la voce, con lo sguardo, con un battito di mani, on una canna.

A quelli che cercano e scoprono nuove metodologie per permettere a questi uomini ed a queste donne di vivere e non limitarsi a sopravvivere, relegati in un cantuccio, che li aiutano a scoprire risorse che non avrebbero mai pensato di avere, imparando ad avere fiducia in se stessi e nelle proprie possibilità.

Penso che tutti i diversamente abili dovrebbero avere questa possibilità, non di gareggiare no, ma di scoprire e dimostrare le loro capacità, di vivere la loro vita al massimo.

Non mi si dica che non ci sono risorse, che in questo momento di crisi… Nossignori! è solo mancanza di volontà, volontà di distrarre somme, anche importanti, da spese futili, improduttive, di scendere di tono nei congressi (pensate il costo di Cernobbio), o delle feste di Partito che servono solo all’inutile bla-bla di sempre. Dirottare quelle somme a istituire centri specializzati, ad istruire personale, ad acquistare materiali, non al fine di trovare nuovi atleti, ma di riabilitare o abilitare uomini e donne on piccoli e grandi handicap, per dare a loro la più grande delle possibilità: gestire la loro vita.

Questa è la lezione che ci hanno impartito le ultime paralimpiadi, non lasciamocela sfuggire!!

 

Nonna Lì

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