La storia di Lorenza

Ultima modifica 6 Aprile 2017

 

Questa è la storia di Lorenza Molari, donna e mamma in sedia a rotelle. Tante sono le domande che uno si può fare sulla complessità di essere mamma così, ma Lorenza le smonta subito, come se avesse una soluzione in tasca, una ricetta da applicare.

lorenzaLorenza è di Ravenna, 42 anni, dipendente Ausl, nel 2006 partorisce Chiara con il cesareo e ad occhi aperti: «volevo essere sveglia e, così, un caro amico, anestesista dell’ospedale, si è avventurato in un’epidurale difficilissima, che ha fatto letteratura».

Lorenza non ha incontrato detrattori sulla sua strada di mamma: «l’unico avvertimento, che mi davano, era che non avrei potuto dare alla luce Chiara naturalmente».

Lorenza ha vissuto una gravidanza normale; solo, all’ottavo mese, l’ingombro della pancia le è diventato poco gestibile: «fino al settimo nessun problema, caricavo la mia carrozzina in macchina e la scaricavo senza intoppi. Dopo, la dilatazione del bacino e il fatto di stare sempre a sedere, mi avevano spinto gli organi in alto e non riuscivo più nemmeno a mangiare». La piccola Chiara aveva già i valori giusti per iniziare il suo cammino: «l’hanno fatta nascere tre settimane prima. In sala operatoria c’era anche Lara, la mia migliore amica, che mi ha sempre incitata a diventare mamma».

Lorenza era già mamma, anche se non legalmente: «ho cresciuto il figlio di mio marito, Matteo, da quando aveva tre anni. Oggi ne ha quattordici. Forse è stata la sua presenza, oltre alle preoccupazioni economiche, a farmi rimandare, rispetto ai desideri di mio marito, una maternità biologica. L’idea di avere due figli un po’ mi spaventava».

Con Matteo, Lorenza aveva già imparato, prima di Chiara, a fare da sé: «una persona in carrozzina non può spingere il passeggino. Io mettevo Matteo sulle mie ginocchia e lo portavo dove volevo. Sono riuscita a farlo smettere solo all’età di sette anni, talmente gli piaceva». In spiaggia, nei parchi acquatici, a fare la spesa.

lorenza2«Caratterialmente, io sono una persona intraprendente, autonoma, non mi piace aspettare gli altri. Sono in carrozzina dal 1989, quando mi investì una macchina. Avevo solo diciotto anni e mezzo. Ho accettata la mia paraplegia, per fortuna. E oggi dico che l’importante è la salute ».

Stare in carrozzina porta con sé conseguenze pesanti: artrosi, anche flesse, sovraccarico su spalle e collo. Gli acciacchi non mancano ma, tutto sommato, Lorenza sta bene: «sono solo molto stanca. I bambini sono da portare a scuola, a danza, sono da aiutare nei compiti». Routine che riguardano una mamma: «la quotidianità per una famiglia è complicata. Dopo la nascita di Chiara, mio marito, che prima era sempre via per lavoro, ha trovato un’altra occupazione. Io non mi scoraggio mai. Se potessi, scalerei le montagne». Allo stesso tempo, non bisogna temere di farsi aiutare, quando non ce la si fa: «se in un negozio non arrivo allo scaffale, chiedo. Così al mare, se sono da sola con i bambini».

E la normalità è anche quella che vivono i figli Chiara e Matteo: «per loro io sono così, e basta. Qualche giorno fa mia figlia mi ha portato a casa un disegno, dicendomi che mi aveva ritratta in piedi, perché la carrozzina non le era venuta».

Le mamme vanno ovunque, sempre.

Paola Lovera

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