Violenza a scuola. Perché?

Ultima modifica 15 Luglio 2019

Ennesimo caso di violenza nelle scuole.

Oggi siamo a Pavullo nel Frignano in provincia di Modena, dove una maestra della scuola dell’infanzia insultava, maltrattava i bambini spesso utilizzando anche punizioni orribili (chiusi di fuori al freddo a 700 metri di altezza). Tutto questo in Emilia Romagna che è notoriamente avanti in tutto ciò che riguarda la scuola e l’aspetto educativo. Ecco perché gli abitanti si sentono sconvolti ma anche feriti.

Ma le telecamere in questo caso non lasciano spazio ai dubbi ed è davvero difficile, per chi ha figli, guardare i filmati per intero.

Fa male.

Davvero.

Perché ogni bambino che piange ed invoca la mamma potrebbe essere nostro figlio.

Perché la scuola dovrebbe essere un luogo protetto, dai valori sani, educativo, dove esiste una giustizia che spesso e volentieri “là fuori” non c’è.

Il pericolo dovrebbe essere “là fuori” e non a scuola.

Se dovessi scrivere le mie impressioni da genitore anche io cadrei nella rabbia e nella voglia di massacrare la maestra in questione. In Rete sto trovando commenti quali “al rogo”, “pena di morte”, “processo di Norimberga” oppure “lasciatemi da solo per dieci minuti con quella donna e vedrete come la convinco a cambiare mestiere”.

Tutto sicuramente comprensibile, davvero. Da genitore anche io, probabilmente ragionerei così.
Ho l’impressione però che i media vogliano darci in pasto il mostro per far scaricare la nostra innata, dose di violenza.
Magari distogliendoci da altri problemi.
In fondo, la psicologia insegna, la folla ha una carica di aggressività che deve essere scaricata.

Da insegnante mi chiedo cosa possa scattare nella testa di una maestra per compiere un crimine così orribile.
In fondo il nostro mestiere si sceglie perché il percorso di studi e di esperienza in genere è lungo.
Dovresti amare a stare con i bambini perché spesso è difficile.
Un insegnante ora deve avere mille facce e mille competenze.
Deve essere psicologo, educatore, talvolta una seconda mamma o un secondo papà per quelli più piccoli.

E deve essere pronto a stare sempre nell’occhio del ciclone perchè i genitori di oggi sono spesso critici verso l’insegnante. Soprattutto fino al livello di scuola primaria c’è sempre chi farebbe meglio di te il tuo mestiere.

Burnout.
Questa parola sconosciuta.

confusion

Il burnout è una sindrome di stress ripetitivo in quelle professioni dette di “aiuto” (come l’insegnamento).
Il burnout si manifesta in mille modi, spesso si manifesta anche nelle mure domestiche, quando una mamma è troppo presa e stressata con i bimbi. Anche la maternità, in fondo, è una professione di aiuto, anzi, forse ne è la massima espressione.

Non credo che sia un caso che questi episodi di violenza riguardino insegnanti con parecchi anni di servizio.
Dopo tanti anni l’entusiasmo si perde, la fatica mentale e fisica si fa sentire, le energie calano, magari in famiglia ci sono nuove preoccupazioni o ci si mettono degli acciacchi alla salute, insomma, non si ha più ventanni e nel nostro mestiere le energie devono sempre stare al massimo. Senza contare che all’occhio pubblico noi passiamo come quelli che hanno “tre mesi di ferie” e che a scuola troviamo sempre alunni buoni e tranquilli come percorelle. Spesso e volentieri si passa mezzora a giorno a fare la predica del silenzio, dello stare seduti, del rispetto delle regole… la famiglia impartisce l’educazione, la scuola poi provvede ad amplificarle e a consolidarle.

Sia chiaro: credo che questo gesto, come i precedenti casi di cronaca, siano criminali e sicuramente da punire severamente; sto cercando di capire i motivi soprattutto per cercare di evitare che nel futuro possano esserci ancora casi come questi.

Personalmente credo che lo Stato debba investire maggiormente nell’istruzione e non tagliare ogni annodi più.

Deve  prendersi la responsabilità della salute e dell’efficienza dei propri dipendenti e dei bambini, come nel caso dell’insegnamento, che frequentano le scuole.

Deve rivedere i metodi di reclutamento dei docenti: maggiori test psicologici in ingresso e perché no anche in itinere.

E questo benedetto potenziamento che quest’anno ha portato nelle nostre scuole nuovi docenti giovani non potrebbe essere utilizzato per affiancare i docenti più anziani? Sicuramente i più giovani potrebbero imparare dalla loro esperienza e coloro che sono invece più stanchi potrebbero delegare anche a giovani che notoriamente hanno (o dovrebbero avere) voglia di fare e di imparare.

A scuola vige invece la regola dell‘anzianità: chi ha più anni di servizio ha la titolarità della classe mentre i giovani devono accontentarsi degli spezzoni. Credo che ogni tanto qualcuno dovrebbe fare un gesto di umiltà e chiedere di farsi aiutare dai colleghi, non c’è niente di male in questo, anzi, lo reputo un gesto di grande intelligenza. Le telecamere? Perchè no? Ma solo a circuito chiuso evitando l’effetto “grande Fratello” per cortesia.Questo a tutela dei bimbi in primis ma anche degli insegnanti (non dimentichiamoci,infatti, che alcuni episodi di violenza erano inventate e presunte).

Certo è che la sola caccia al mostro o la generalizzazione e tantopiù la paura non porterà a nulla di buono.

Arianna Simonetti

 

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