Ultima modifica 20 Giugno 2019

 

Trovo che conoscere dinamiche e risvolti psicologici, scientifici, biologici legati al passaggio dall’infanzia all’adolescenza, possa dare ai genitori alcuni strumenti in più per rimanere in contatto empatico con i propri figli, anche durante gli scontri più duri (per me è stato così).

Ricordo quella volta in cui mia figlia, quattordicenne, durante una normale, benché animata, discussione, non ha retto lo stress emotivo, quindi, ha preso la porta e se ne è “andata di casa” – per poche ore, fortunatamente, e controllata a distanza -, lasciandomi però con un senso di sconfitta, che non ha paragoni.

È stata un’esperienza formativa, che mi ha permesso di non commettere più lo stesso errore. Ho ritrovato, a riguardo, un insegnamento utile in uno dei miei corsi: in sintesi, consiste nell’affermazione che comunicare vuol dire rispondere a un bisogno, e l’ascolto è lo spazio concesso all’altro. Nella circostanza di cui ho parlaro sopra – me ne sono resa conto dopo -, io non ho saputo ascoltare mia figlia, poiché non sono stata in grado di rispettare e accogliere il suo bisogno del momento.

Molto spesso, la comunicazione con gli adolescenti (e non solo con loro) non deve consistere nel rispondere direttamente a una richiesta di aiuto; dobbiamo essere consapevoli che il nostro interlocutore non necessariamente richiede una risposta, o pretende la soluzione immediata del problema: la maggior parte delle volte cerca piuttosto la via di una comunicazione reale, di una semplice condivisione del problema.

Paola Bianconi

La redazione del magazine. Nato nel maggio 2013, da marzo 2015, testata registrata al tribunale di Milano. Mamme di idee rigorosamente diverse commentano le notizie dell'Italia e del mondo, non solo mammesche.

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