Affidamento. Una casa o due per i figli?

Ultima modifica 20 Giugno 2016

La riforma degli art. 155 ss. cod. civ. approvata nel 2006 ha introdotto la regola preferenziale dell’affidamento condiviso, ribaltando quella prima vigente per la quale i figli venivano affidati ad uno dei genitori, mentre l’altro aveva il diritto di visitarli e tenerli con sé di solito per due week al mese e durante le vacanze scolastiche. Lo scopo della riforma era chiaro: assicurare ai bambini un rapporto significativo, stabile e continuo con entrambe i genitori, nonostante la crisi della coppia.

genitori-separati

Doveva insomma trattarsi di una riforma copernicana, ma nella pratica si è rivelata poco più di un bluff.

La prassi dei Tribunali, legata alla precedente esperienza, ha introdotto  l’istituto del collocamento preferenziale presso un genitore, sconosciuto alla legge, e di fatto non è cambiato niente: i bambini vivono con un genitore, che nella stragrande maggioranza dei casi è la madre (e magari in una prossima occasione vedremo perché), che si occupa direttamente delle loro esigenze quotidiane, mentre il padre ha il diritto di fargli visita e partecipa alle spese ordinarie con un assegno mensile di mantenimento.

E’ vero che quando le case dei due genitori sono molto distanti, o i loro impegni lavorativi sono così intensi da impedirgli di prendersi cura dei figli non c’è scelta migliore di questa, nell’interesse dei bambini. Ma non sono d’accordo con chi sostiene che debba andare necessariamente così, per evitare che i bambini vivano con difficoltà gli spostamenti dalla casa del papà a quella della mamma, o siano impediti a frequentare la scuola o le amicizie.

Se mio figlio ha una vita sociale serena pur trascorrendo qualche pomeriggio dalla nonna, mentre io lavoro, non vedo perché non possa a maggior ragione passare tempo prezioso per la sua serenità con il papà, se vive a breve distanza e può andare a prenderlo all’uscita dalla scuola, portarlo alla lezione di pianoforte o a giocare la partita con gli amici. Di conseguenza, il papà non dovrà versare un assegno mensile, ma quando serve accompagnerà i bambini a comprare i vestiti, le scarpe, la cancelleria e preparerà la loro cena come lo farà la mamma, e saranno divise equamente tra i genitori quelle straordinarie.

Inizio così a chiarire come si vive, secondo me, la bigenitorialità nell’interesse dei figli, ma anche in quello delle madri che avranno un insostituibile aiuto per crescerli, e dei padri, che non avranno più solo il ruolo di “finanziatore esterno” e animatore dei fine settimana. Sempre che, ovviamente, non si voglia cercare lo scontro con l’ex partner ma il bene di nostro figlio. In altre parole, se i due genitori litigano anche aspramente la soluzione non è lasciare il figlio orfano del rapporto quotidiano con entrambi, ma seguire un serio percorso di crescita personale, smettere di litigare e iniziare a lavorare insieme per il bene dei nostri figli. Al contrario, si incentiverebbe la litigiosità se il premio fosse tenere il figlio (e, i cattivi aggiungerebbero, l’assegno di mantenimento) tutto per sé.

Il Tribunale di Genova, in una recente sentenza che potete leggere qui (pag. 273), la pensa così. So di alzare un polverone, con questa presa di posizione, ed è proprio il confronto e il dialogo che cerco. Voi come vi gestite?

Stefania

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

GLI ULTIMI ARTICOLI

More article