Ultima modifica 15 Luglio 2019

Quando arrivano gli ultimi giorni, per la scuola si aggirano sbalzi di umore… che neanche una donna incinta al terzo mese.
Soddisfatti, ma anche no, per un verso sì;  tanta fatica ripagata, potevo fare di più, potevo fare diversamente.
Rivedo Rapunzel con mia figlia e mi riconosco nella scena schizofrenica dopo la fuga dalla torre.

Sarà la stanchezza.
Sarà che con i bambini a fine anno non si chiude un plico con tre bei nodi, non si mettono in archivio documenti protocollati alla perfezione.
Sono lì che continuano a vivere la loro vita con un bagaglio che, speri, sia tanto pesante da rendere loro la vita più leggera e facile possibile.

Ripensi a quando non si riesce: non c’è rewind, non c’è bianchetto che tenga.

E poi certi giorni a scuola sono impossibili: coincidenze che… i pendolari pagherebbero!
Catene di interruzioni, giornate emotivamente pilotate, assenze.
E non si arriva sempre in porto.
Passano quarti d’ora in cui devi dire: ok, ora stoppiamo e iniziamo da capo la prossima volta, perché gli sguardi sono appesi al vuoto.
E la prossima volta ci sono 3 assenti.
E il giorno dopo ce ne sono altri 4.
Per tutto questo ci si mette in discussione ogni anno, ogni mese e anche ogni giorno.

La scuola per i bambini non è esercizi a raffica e ci credo forte.

Ma, se invece un po’ lo fosse?
Rinnovarsi non è mica così facile.
Bisogna un po’ buttarsi e per questo si vacilla ad ogni nuovo passo e occorre qualcuno che ci dica ” E’ la strada giusta”.

Corsi di aggiornamento illuminanti ti convincono che quella della scoperta continua attraverso l’osservazione della realtà è l’unica via da seguire per interiorizzare .

Con la professoressa Emanuela Ughi, ricercatore del Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Università di Perugia, abbiamo vissuto una geometria da costruire più che da studiare, da riflettere insieme più che da memorizzare, da “lavorare”.

Poi, in tempo di bilanci, come il mese di maggio, arrivato alla frutta e passato,  per capire meglio ho bisogno di mettere in atto quello faccio con i “nostri” bambini: cerco per me stessa canali diversi per apprendere, perché è proprio ora, dopo un anno in più di esperienza, che devono scattare nuove riflessioni… e mi trovo ad ascoltare e guardare un video della professoressa Daniela Lucangeli, Ordinario di Psicologia dello Sviluppo, dell’Università di Padova .

Ho letto alcuni passi del suo libro “Il cervello è matematico” in passato e già mi aveva colpito.
E’ confortante ascoltare ciò per cui si sta lavorando.
Perdete mezz’ora di tempo per ascoltarla, perché, sia la sua analisi del profondo abisso che noi scaviamo tra i bambini e la matematica, negli anni che vanno dalla nascita ai 5, sia i suoi consigli su cosa non fare insegnando matematica, ci indicano quanto sia necessario camminare diversamente “ e la scuola li (i bambini) deve accompagnare come lo spazio più grande che c’è di formazione del sé nell’ intelligenza emotiva, pratica, cognitiva e anche numerica” .  
Il suo profondo conoscere il bambino nell’ evoluzione del pensiero numerico mi entusiasma e per entusiasmare un insegnante a fine anno scolastico ce ne vuole.
Di calcoli a mente ne abbiamo fatti tantissimi nel corso dell’anno, cercando la velocità, ma senza analizzarne l’aspetto fondamentale: l’essenza.
Dopo averla ascoltata ho provato a far fare ai bambini il calcolo a mente che lei nomina e sono stata ad aspettare e ad ascoltare.
– Bimbi, 177 più 88. Provate.-
Due bambini e una bambina : “215!” “No, 265” “Sì, 265, ho sbagliato prima” “Sì, anche a me viene 265, c’ho messo un po’ ma fa 265… sì” Mentre guarda in alto.
– Come avete fatto a calcolare, lo avete visto in colonna nella vostra mente?-
– No no maé, io ho fatto 70 più 80 che fa 150, poi 8 più 7 che fa quindici che è lo stesso di prima senza lo zero, poi insieme fanno 165 più il 100 di prima eheh, fa 265.
– Io  non te lo so spiegare, non lo so come ho fatto. – dice la bambina, ma le dà fastidio il fatto di non riuscire.
– Io non ho fatto così. Ho fatto 170 più 80 che fa 250 e poi ho preso 8 più 7 che fa quindici e mi torna 265.
E io dico, scoprendolo insieme a loro – Come mai questi percorsi diversi? In fondo è “solo” un’operazione! – Ne parliamo.
Passano 10 minuti e la bambina alza la mano – Ora lo so, te lo so spiegare, allora… ho scomposto tutti e due i numeri, cioè 100, 70, 7 e 80 e 8. Ho fatto 100 più 7 più 8 e mi è venuto 115, poi ho pensato che 70 più 80 fa 150 e poi ho messo insieme e è venuto 265. – Ancora un altro modo di risolvere.
Ecco che abbiamo capito tutti che un’operazione a mente non è solo un’operazione, ma è ricerca di strategie operative per raggiungere un risultato. Strategie piene di creatività, basate sicuramente su conoscenze, ma soprattutto su processi mentali personali.
Quanto paga fare una cosa così, piuttosto che scrivere sul quaderno 25 esercizi sull’applicazione delle proprietà dell’addizione?
Non è mettere in colonna, non sono gli algoritmi che stimolano il pensiero numerico, ma l’allenamento continuo alla ricerca di strategie risolutive.
Secondo la Professoressa Lucangeli, il “depotenziamento” che operiamo noi  sul pensiero numerico dei bambini sta proprio nel fatto che li facciamo lavorare troppo di penna e di algoritmi e lasciamo loro poco tempo per confrontarsi col numero e con tutte le sue possibilità di essere manipolato. L’inizio di un meraviglioso aggiornamento della didattica della matematica.
E per la felicità di mio marito, che mi chiede ogni volta di staccare … so cosa studiare la prossima estate.

La redazione del magazine. Nato nel maggio 2013, da marzo 2015, testata registrata al tribunale di Milano. Mamme di idee rigorosamente diverse commentano le notizie dell'Italia e del mondo, non solo mammesche.

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