Ultima modifica 12 Dicembre 2016

Inutile girarci intorno. A tutti è noto il programma televisivo Art attack.
Un programma fantastico, stupendo, ma che ha il potere di farti sentire un’emerita incapace.
Un programma che quando lo guardi con tua figlia, inevitabilmente, perdi punti di credibilità.
Un programma che, inesorabilmente, mina la tua autostima di mamma trendy e creativa.

Riprodurre il globo terrestre partendo da un semplice rotolo di carta igienica??
Cosa vuoi che sia? Un gioco da ragazzi!

E sicuramente lo è per Giovanni Muciaccia, il sorridente e bravissimo presentatore che, ad ogni puntata, accoglie i telespettatori con contagioso entusiasmo e sin da subito, con piglio deciso, informa i bambini in ascolto che non bisogna essere dei grandi artisti per fare dell’arte.

muciaccia_giovanni

E no, caro Giovanni!
Tu già così stai insinuando, davanti a mia figlia, che io sono una deficiente. Intanto la musichetta va a tutto spiano e sul piccolo schermo danzano matite e spruzzi di tempera colorati!

Poi l’attacco d’arte ha inizio.

«Oggi impareremo a realizzare un bellissimo pagliaccio, lo vedete bambini? Semplicissimo. Prendete quattro rotoli di carta igienica (chi non ha scorte di rotoli vuoti di carta igienica nel ripostiglio??), vi servirà poi della colla, del nastro adesivo, del cartoncino, dei pennarelli e infine delle molle per realizzare le gambe e le braccia del nostro divertentissimo amico.»

Ora, passi per i rotoli, passi per la carta, i colori, la colla, ma le molle??
Domenica mattina?? Alle dieci? Dove le trovo le molle?

Tua figlia, intanto, è irrimediabilmente sovraeccitata.
Accarezza l’idea di quell’orrendo pagliaccio da appendere in cameretta, l’occhio languido si posa su di te.
A quel punto disperata non puoi che tentare. Srotoli la carta per recuperare l’interno, la riponi nei cassetti del bagno, stendi un telo sopra il tavolo, prendi colla, pennelli, nastro adesivo e ti appresti ad affrontare la sfida.

Tagli con foga in mille pezzi il cartoncino, disponi i colori davanti a te, smonti uno ad uno i rotoli di carta igienica e quando hai finito, seguendo pedissequamente le istruzioni, ti accorgi che hanno assunto l’aspetto piatto di un qualunque cartoncino bristol. Li osservi livida e mentre per la rabbia ti viene voglia di mangiare la carta igienica che hai messo da parte, consideri che Giovanni ti ha fregata pure questa volta! Lui e la mania del riciclo.

Respiri. È domenica. È bello fare i lavoretti con tua figlia.
Lei che ne fa quattrocentocinquanta a scuola e seicentosettantotto a casa. Bellissimo! Respiri ancora.
Prendi la colla. La spremi, non esce. Si è indurita. La lanci contro il muro. Rimbalza. La schivi.
Manca poco ti trancia un braccio. Si apre. Ne spremi due ettolitri.
Poi con il pennello ne prendi un nanogrammo e cominci ad incollare i pezzi. Guardi il lavoro in progressione. Sei quasi soddisfatta.

Ti senti osservata. Tua figlia lì sotto, il mento verso l’alto, sbatte l’occhietto.
‹‹Allora mamma? Mi fai vedere?››

Le porgi timidamente il manufatto… ne è “leggermente schifata”, ma non te lo vuole dire, così rinforza il tuo operato in maniera positiva: ‹‹Dai mamma, non è male, sei stata brava. Adesso magari lo coloro così vediamo se diventa più bello.›› Ti accasci sopra la sedia, sei stremata. Lei, intanto, tutta concentrata colora, spennella, decora. Finisce e con aria trionfale solleva il pagliaccetto.

«Perfetto mamma, mancano solo le molle!»

Oddio, le molle! Dove le trovo le molle a quest’ora? Di domenica.
Ma se anche non fosse domenica, le molle dove le compro? Dal carrozziere?
In una ditta che progetta case antisismiche? In un negozio di ferramenta? Chiamo l’arrotino? Poi, lampo di genio.
Il negozio cinese sotto casa non mi ha mai delusa. Batterie, tiralatte, acido muriatico, aspiratore nasale, tosaerba, diserbante, cloro, piscina portatile, televisori nani, radiosveglia.
Tutto! In quel negozio c’è tutto! Vuoi che non abbia pure delle banalissime molle?

Ora, i cinesi se la cavano pure egregiamente con la nostra lingua, ma hai la vaga sensazione che la richiesta di una molla potrebbe generare equivoci. Incomprensioni. Per lo meno una conversazione di quarantacinque minuti. Afferri quindi il dizionario di inglese. Non ne conosco le ragioni, ma tutti i cinesi masticano l’inglese. Cerchi “molla”. E no, scusate! Non lo so come si dice molla in inglese. Voi sì?? Sapete per caso pure un pochino di cinese? Comunque molla in inglese si dice “spring”.

Ti dirigi sicura al negozio ripetendo mentalmente spring…spring…spring, entri saluti e con studiata disinvoltura domandi:

«Scusi, vorrei una spring. Anche più di una, facciamo…SpringSSSSS.» Quello ti guarda.
Sono le dieci del mattino.
«SPLING???» domanda fermo.
«Spring», rispondi decisa.
«Oh, SPLING. Ecco Spling.» Ti presenta davanti un armamentario di spring che potresti progettare la nuova Torre Eiffel rimbalzante… Guardi le spring di ogni forma e misura. Ne scegli due.
«Grazie, arrivederci.»
«Allivedelci.»

Torni a casa e infilzi il pagliaccio. Il risultato è “l’orrendevolezza”, ma tua figlia è felice e soprattutto Art attack è finito.

Alla prossima puntata.

 

Sono Nadia, sono mamma e sono penna, le due cose che più mi rappresentano. Convoglio nella scrittura la mia vita, le cose che amo e quelle che mi attraversano.

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