Ultima modifica 17 Giugno 2023

Ogni tanto fa bene darsi un’occhiata da fuori, soprattutto quando si passa dalla quinta alla prima.
Sì, una buona idea.
E’ l’occasione per vedersi un percorso e capire se sia riuscito oppure no.
Cambiare, riconfermare, insomma valutare cosa è andato e cosa no.
Nella scuola post lock down questo lavoro di analisi che faccio sempre, non viene un granché. No.
Anche se  abbiamo lavorato tanto (intendo dire studenti e insegnanti) durante i mesi di chiusura, mi è mancato il contatto visivo e l’osservazione dei loro comportamenti di fronte alle ultime cose nuove.

matematica

Mi serve questo per comprendere se hanno veramente compreso.

Già, la famosa scuola in presenza, a me serve proprio e invece stavolta, per capire come sono andata e se mi promuoverò almeno con 6, dovrò aspettare i miei ex studenti.
Le loro impressioni, le loro sensazioni nelle nuove posizioni.
Non parlo di risultati: io non sono mica una moltiplicazione a tre cifre.
Non è che se lavori in un certo modo, tutto torna pure con la prova. No.

A me interessa il loro approccio alla secondaria: se è sereno e senza terrori sparsi, allora va bene. Se gli viene il panico, vuol dire che ho fatto mancare loro qualcosa.

L’atteggiamento verso la matematica di un bambino e di un ragazzo è l’unico pulsante nella stanza dei bottoni.

Se è verde, ci si mette nella posizione di scoprire ciò che non si sa, sfruttando ciò che si sa (cosa su cui ho cercato di lavorare sempre, fino alla fine, pure dallo schermo del pc, chiedendo loro di costruire le conoscenze).
Se è rosso, vuol dire che ho sbagliato.Se ora hanno paura, non tensione…ché quella è normale, paura proprio, vuol dire che potevo fare di più. Ma molto di più.
E non vorrei ripetere l’errore.
Studiarsi oggi, in prima, 49 bambini di 6 anni circa non è facile, perché nella scuola allentata del Covid la spontaneità non è così libera di esprimersi.
Il movimento dice e dà tanto alla definizione di un bambino a scuola e quest’anno ne siamo obiettivamente a corto.
Dovrò fare attenzione gli occhietti, per capire, e alla capacità di gestirsi, per poter lavorare anche con il materiale.
Sì, perché la gestione del proprio materiale è una degli aspetti più complessi oggi: se negli anni passati era una questione di puro ordine e responsabilità, oggi diventa un impegno inderogabile.

La salute infatti dipende anche dalla non condivisione degli oggetti contenuti negli astucci. Quindi per poter lavorare con materiale, strutturato o non, devo avere la certezza che la quasi totalità dei bambini riesca ad agire con responsabilità.
Arriveremo ad una scatola con materiale personale in modo che sia manipolabile solo dal proprietario, per contare, operare, misurare.
Una scatola con dentro diversi oggetti: i miei colleghi, quelli che invece di spaventarsi hanno mosso il cervello, hanno dato questa meravigliosa idea delle scatole di matematica… E quindi a loro va un grazie enorme come una casa.

Per prima cosa farò vedere per qualche settimana il mio materiale, in modo che riescano a coglierne l’uso: se un bambino non sa cosa fare, gioca liberamente… e giustamente.
Se invece riceve un esempio, poi (se poco poco si accorge che ci si diverte) prova a riproporlo.
Così usciranno oggetti strani dalla mia scatola e chiederò proprio a loro cosa mai avremo in testa di farci quest’anno: portauova in plastica e tappi, un righello lungo lungo, un mazzo di carte da gioco.
Credo che gli piacerà…

E così inizieremo, spero, a non aver paura della matematica.

Inizieremo a costruirla insieme, con le nostre mani, così come mi hanno insegnato.
Le corse sulle scale graduate e i salti e le staffette in palestra… mi mancheranno, ma magari le rimanderemo ai giochi con i grandi numeri, più più più in là.

Volevo fare l’archeologa… invece sono moglie, mamma, sorella e maestra e per me è più che sufficiente, anzi, ottimo. Sono una donna “orgogliosamente media”, ma decisamente realizzata, che non si annoia neanche un po’…

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