Di grembiuli e parità di diritti

Ultima modifica 24 Marzo 2021

Notizia apparentemente frivola, questa, ma che lancia in realtà parecchi spunti di riflessione. Nei paesi teoricamente emancipati come l’Italia si continua a discutere di volti velati e burka, quando noi, proprio noi, siamo altrettanto capaci di costruire casi di discriminazione sessuale che lasciano a bocca aperta.
Come la vicenda della scuola media Milizia Fermi, nella quale soltanto le ragazzine sono costrette ad indossare il grembiule, mentre i maschietti sono esonerati da questo obbligo.
Il perché non è chiaro, ma “lo dice il regolamento scolastico”.

Ambè, se lo dice il regolamento…

La questione è approdata persino in Comune, dove il sindaco ammette che è una diatriba che si trascina ormai da anni anche se, almeno a detta di chi redatto l’articolo sul Corriere del Mezzogiorno, il primo cittadino avrebbe dichiarato che «Le lamentele sono sempre state per i costi, non per il sesso di chi è obbligato ad indossarlo».

Ok. Benissimo. Quindi non tratterebbe tanto di come risolvere una ridicola questione di disparità, ma di rendere giustizia alle tasche dei genitori delle femminucce i quali, per ovvi motivi, sono costretti a sostenere un onere aggiuntivo per mandare le loro figlie a scuola. E’ un’ottima argomentazione per indignarsi, questa, non fa una piega.

Magari, però, a fare le pieghe sono proprio le maniche del grembiule.

E allora eccola qui almeno una voce serie da aggiungere ai validi motivi per i quali sarebbe ingiusto farlo indossare soltanto alle bambine: le loro madri sono costrette a spendere non solo denaro, ma anche tempo prezioso per stirare. Incombenza che, si sa, fin dalla notte dei tempi è sempre stata riservata alle donne.

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