Ultima modifica 31 Agosto 2016

Cosa accade quando bambini di due-tre anni giocano fra loro?
Da una parte, si cercano, vogliono interagire e divertirsi insieme ma dall’altra, non appena il compagnetto si avvicina e pretende di prendere un gioco personale, il rischio che il piccolo si metta a piangere, si arrabbi o che comunque incominci a urlare “è mio!”, è assai probabile.

Stessa scena si può venire a creare anche con gli adulti e in riferimento non solo ad oggetti personali, ma anche dinanzi a cose che il bambino desidera ma che non gli appartengono.

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Perché?

A quest’età il bambino vive una fase egocentrica, per cui pensa che tutto ciò che desidera sia suo, come del resto tutte le attenzioni dovrebbero essere concentrate su di lui.

E’ quindi normale in questa fase evolutiva che consideri “mio” ciò che lo circonda, senza contemplare gli altri e soprattutto non riuscendo ancora a definire il limite fra ciò che è veramente suo e ciò che invece è di altri oppure comune o condivisibile.

Sono tutti sforzi che il bambino compie per affermare la sua identità personale.

Il bambino impara a vedersi come un’identità a se stante che avverte il bisogno di affermare la propria presenza, laddove fino a poco tempo prima si era sempre percepito e considerato in relazione alle figure di riferimento.

Infatti solitamente questa fase di auto-affermazione (seppur inizialmente egocentrica) è anticipata dalla fase del “no”, in cui il bambino inizia a sperimentare l’auto-affermazione ma sempre in relazione a qualcun altro.

Solamente con la crescita e con l’aiuto di mamma e papà come anche di altre figure educatrici, il bambino piano piano esce dalla “bolla di egocentrismo” di questi anni per poi arrivare a contemplare anche gli altri come altro-da-sé e quindi a sapersi relazionare e rapportare con il mondo esterno in una dinamica interattiva. Perché tutto questo sia possibile, il bambino deve prima imparare a individuare il confine fra sé e gli altri e comprendere che c’è altro al di là di sé.

Possiamo aiutarli in qualche modo?

Intanto partiamo dal considerare questa fase di egocentrismo come una naturale tappa evolutiva nel percorso di crescita dei bambini, quindida accettare e vivere come tale.

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Poi possiamo aiutarli con qualche piccolo accorgimento:

– quando vediamo che possono crearsi dinamiche conflittuali o difficili con altri bambini, proviamo ad intervenire semplicemente parlando con nostro figlio e facendogli capire che può condividere e prestare un gioco anche all’amichetto e se e quando lo fa, complimentiamoci con lui;

– abituiamolo ad un atteggiamento di scambio (di giochi o altro) con gli amichetti, così che apprenda a dare oltre che a ricevere;

– dinanzi al “mio!” generalizzato e assoluto, interveniamo aiutandolo a distinguere cosa è veramente suo (ma comunque condivisibile) da ciò che, invece, appartiene ad altri o è comune a tutti , così da aiutarlo sia ad apprendere il confine personale sia il fatto che esiste un altro-da sé.

La redazione del magazine. Nato nel maggio 2013, da marzo 2015, testata registrata al tribunale di Milano. Mamme di idee rigorosamente diverse commentano le notizie dell'Italia e del mondo, non solo mammesche.

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