Ultima modifica 15 Luglio 2019

 

Inizia la scuola, si fanno gli orari e si assegnano le materie. Tutto è in divenire e in cambiamento, solo poche certezze ci sono e tra quelle chi insegnerà la religione cattolica (insegnanti specialisti nella stragrande maggioranza dei casi) e la necessità di recuperare due ore dalla nostra didattica per garantire attività alternativa e di recupero per i bambini che non si avvalgono della religione cattolica.

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Chi mi conosce la sa: ho un rapporto con la religione un po’ contrastante anche se, ne sono convinta, non totalmente per mia colpa. Un passato da attivista nelle associazioni cattoliche e nel catechismo e poi un matrimonio civile un po’ per caso un po’ per “non scelta” (che non mi giustifica ma che non autorizza a condannarmi) che non mi ha permesso di accedere all’insegnamento della religione cattolica e ad altri ruoli “pubblici” all’interno della stessa Chiesa ma soprattutto che mi ha negato la Comunione.

Non ho nulla contro nessuno in quanto continuo a frequentare le funzioni religiose con Fede pur non potendomi accostare ai Sacramenti ma non reputo opportuno che l’ora di religione sia presente a scuola, almeno fatta così come è ora.

Innanzitutto trovo molto ipocrita l’opportunità di scegliere se avvalersi dell’insegnamento oppure no. Durante la lezione di religione non si fa dottrina né catechismo ma gli alunni (mi riferisco alla scuola primaria) si avvicinano alla conoscenza della religione cattolica, l’origine delle festività principali, i Sacramenti, ecc. spesso in maniera giocosa o attraverso attività pratiche. Riconosco la bravura dell’insegnante di mia figlia alla scuola materna che è riuscita a semplificare il concetto della “condivisione” attraverso un gioco in cui ogni bambino si scambiava con il compagno un pezzetto di frutta che aveva portato da casa o della “risurrezione” e della vita “che rinasce” attraverso un germoglio di un seme.

Tutte queste attività non credo che facciano male anche a chi appartiene ad un credo diverso e darebbe, a mio modo di vedere, un valore aggiunto alla stessa disciplina aiutando un’integrazione che oggi diventa sempre più difficile.

Altrimenti non ha alcun senso impegnare due ore di un curricolo didattico di una scuola pubblica con l’insegnamento della religione che a questo punto appartiene solo ad un gruppo di alunni. E gli altri? In giro per la scuola a far recupero o a far “studio individuale” (leggi “niente”) quando si parla di ragazzi grandi? Sono queste le grande storture ed anomalie che l’insegnamento delle religione cattolica nella scuola pubblica (in palese contrasto con la Costituzione che parla di stato laico) si porta dietro dal Concordato del 1929.

Magari importa poco ma forse tutti non sanno che gli insegnanti di religione sono scelti dalla Curia che li assegna alle scuole delle varie Diocesi ma pagati dallo Stato (quindi con i soldi dei contribuenti) e per accedere non è necessario un concorso ma un percorso di studi organizzati dalla Diocesi stessa a cui si accede solo se si è in possesso di determinati requisiti di studio ma anche etici e morali (controllati da chi,poi,non si sa…).

Per questi motivi e per tanti storture ed ipocrisie non reputo così necessaria la religione a scuola, almeno fatta in questa maniera. Visto il momento storico violento dove è proprio la religione a dividere e addirittura ad uccidere credo che questo momento possa diventare allora un’occasione di confronto e riflessione.

Arianna Simonetti

La redazione del magazine. Nato nel maggio 2013, da marzo 2015, testata registrata al tribunale di Milano. Mamme di idee rigorosamente diverse commentano le notizie dell'Italia e del mondo, non solo mammesche.

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