Ultima modifica 30 Ottobre 2017

1968. Il Papa Paolo VI, nell’Enciclica Humanae vitae, volta a specificare la dottrina sul matrimonio, decretava illecito per gli sposi cattolici l’utilizzo degli anticoncezionali di origine chimica o artificiale, poiché andava a violare la legge morale e, attraverso il loro impiego, la coppia scindeva la dimensione unitiva da quella procreativa:

« Richiamando gli uomini all’osservanza delle norme della legge naturale, interpretata dalla sua costante dottrina, la Chiesa insegna che qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita. […] In conformità con questi principi fondamentali della visione umana e cristiana sul matrimonio, dobbiamo ancora una volta dichiarare che è assolutamente da escludere, come via lecita per la regolazione delle nascite, l’interruzione diretta del processo generativo già iniziato, e soprattutto l’aborto diretto, anche se procurato per ragioni terapeutiche. È parimenti da condannare, come il magistero della Chiesa ha più volte dichiarato, la sterilizzazione diretta, sia perpetua che temporanea, tanto dell’uomo che della donna. È altresì esclusa ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione. »

Ma nella stessa Enciclica, il paragrafo Paternità responsabile recitava:

« In rapporto alle condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali, la paternità responsabile si esercita, sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente od anche a tempo indeterminato, una nuova nascita. Paternità responsabile comporta ancora e soprattutto un più profondo rapporto all’ordine morale chiamato oggettivo, stabilito da Dio e di cui la retta coscienza è vera interprete».

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“Per essere buoni cattolici non è vero che dobbiamo fare figli come conigli”

2015. Papa Francesco, in aereo, di ritorno a Roma dal suo viaggio istituzionale nelle Filippine, rispondendo ai giornalisti ad una domanda sull’Enciclica di Paolo VI, ha auspicato che “la paternità sia responsabile. Per essere buoni cattolici non è vero che dobbiamo fare figli come conigli”.

Il Santo Padre stupisce ancora, ma le interpretazioni che si possono dare a questa sua affermazione sono diverse.

La chiave di lettura che Don Paolo Gentili, direttore nazionale dell’Ufficio Cei per la famiglia, dà alle parole del Pontefice, è a metà strada tra la leggerezza dell’entusiasmo e il peso della responsabilità.

“Entusiasmo perché quello che il Papa ha detto a proposito della paternità responsabile è come un potente schiaffo assestato a tutte le ideologie, quelle del gender, che vorrebbero decomporre la famiglia dal suo interno, spostando i fondamenti antropologici dal piano della natura a quello dell’arbitrio culturale, ma anche quelle della famiglia “obbligatoriamente numerosa” o – al contrario – quelle che vorrebbero un rifiuto pregiudiziale della generazione.
La responsabilità invece riguarda la capacità dei coniugi di essere “soggetti pastorali” che deriva direttamente dal sacramento del matrimonio. Quella è la strada”.

Da mamma cristiana, con 3 figli, condivido le parole del Papa in merito all’apertura alla vita.

Un figlio può non cambiarti, ma sicuramente modifica la percezione di ciò che è realmente importante nella tua vita. Certo le difficoltà non mancano (soprattutto quelle legate al contesto sociale e alla quasi totale assenza di politiche familiari…), la casa è sempre in disordine e mai in silenzio, si va a letto sfiniti, la parola “divertimento” non significa andare alle feste o tornare a casa alle 7 del mattino ma guardare un film della Disney tutti insieme sul divano, si fanno letteralmente i salti mortali, tutti i giorni…
Ciònonostante, ritengo i miei figli il bene più prezioso e resto della convinzione che ogni estremismo è deleterio.

Senza addentrarmi nelle motivazioni o nelle scelte e rispettando sia le coppie che fanno tanti figli sia quelle che decidono di non averne, mi limito a riportare qualche numero: viviamo in una società in cui, dati Eurisko alla mano, le donne tra i 18 e i 55 anni non hanno figli o non li vogliono avere. Abbiamo meno dell’1% di natalità in Italia e la realtà è che rischiamo di entrare in un declino demografico. Eppure, nel mezzo di questo desolante scenario, ci sono 1.600 nuclei e più di 17.000 iscritti all’ANFN, l’Associazione Nazionale Famiglie Numerose, che da dieci anni si batte per tutelare e rappresentare le famiglie con più figli, aiutandole a riscoprire il proprio ruolo e il proprio valore in una società che, quando va bene, semplicemente le ignora.
Ma se l’indice di natalità è scivolato sotto la soglia di riproduzione, questo “non significa che il cristiano deve fare figli in serie”, ha detto il Papa, aggiungendo che “Io credo che il numero di 3 per famiglia sia quello che gli esperti ritengono importante per mantenere la procreazione, 3 per coppia. Per questo la parola chiave per rispondere è: paternità responsabile.”

Il figlio non è un diritto, ma un dono, un valore per tutta la società.

Maria Teresa

La redazione del magazine. Nato nel maggio 2013, da marzo 2015, testata registrata al tribunale di Milano. Mamme di idee rigorosamente diverse commentano le notizie dell'Italia e del mondo, non solo mammesche.

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