Era bello il Natale

Ultima modifica 9 Febbraio 2015

“Era bello il Natale. Quello che iniziavi ad aspettare due mesi prima, quello che sembrava non arrivare mai. Quello che avevi il tempo di aspettarlo e non te lo trovavi avanti all’improvviso. Quello. Era bello quel Natale: ti lasciava il tempo di aspettare.”

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Così avevo scritto il 25 dicembre dell’anno scorso sul mio Diario di Facebook, a cui, pensandoci bene, il nome “diario” sta proprio bene.

Non sarà fatto di carta e inchiostro e al posto dei fiori tra le sue pagine sono lasciati “seccare” foto e video, ma la sua funzione è la stessa dei diari tradizionali: conservare per ricordare.

E andando all’indietro tra le sue “pagine” ho ritrovato quella frase che avevo dimenticato di aver scritto.

Come avevo dimenticato che anche l’anno scorso il Natale era arrivato così, all’improvviso, senza lasciare il tempo di aspettarlo.

E io che pensavo che questo era il primo Natale in cui davvero non avevo “sentito” nulla…

Niente aria natalizia, nemmeno a pagarla.

Quest’anno non ha fatto in tempo a finire l’estate che già il telefonino segnava quella data: 25 dicembre.

Un giorno come gli altri.

Cambia solo il colore dell’inchiostro che hanno usato per stamparlo sui calendari.

Un numero rosso in mezzo ad una lista di numeri neri.

Sarebbe bello se tornasse Quel Natale in cui il rosso non era solo sul calendario ma colorava anche l’aria.

Quel Natale che sentivi che arrivava già due mesi prima. E non perché si accendevano le luci, ma perché ti accendevi tu.

Dov’è ora Quel Natale?

Quello che sembrava non arrivare mai.

Quello che ti dava il tempo di aspettare.

Da bambini “aspettare” era il verbo del Natale.

Era la parola chiave di Quel Natale.

Aspettare che arrivavano le vacanze di Natale.

Aspettare che arrivasse la sera della vigilia per andare a mangiare dalla nonna insieme ai cugini.

Aspettare insieme a loro che quell’uomo barbuto e col cappello rosso bussasse alla porta della nonna per portarci i regali.

Continuare a crederci che quello era davvero Babbo Natale anche se quando ci aveva preso in braccio, guardando più da vicino la sua barba, ci eravamo accorti che era finta, che era tenuta su da un filo.

Ho riguardato una foto risalente a “Quei Natali”: tre bambini seduti sul divano della nonna, con gli occhi grandi puntati su quello che credevano essere Babbo Natale.

Ho ingrandito gli occhi di quei bambini ed eccola li: la luce.

La luce di Quel Natale.

La luce che ora non si accende più e che prima si accendeva semplicemente guardando un uomo vestito di rosso, con la barba finta tenuta su da un filo.

Quella Luce.

Quanto poco bastava per accenderla allora…

Quanto ci vuole per riaccenderla ora?

Miriam

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