Festeggiare le donne, pensando

Ultima modifica 14 Ottobre 2015

A un giorno dalla Festa della donna è già iniziato, come sempre, il solito tam tam di eventi e iniziative perché – diciamolo – è una ricorrenza che, ormai, si riduce a un momento d’evasione, allo scambio di un rametto di mimosa, a una serata tra amiche, in pizzeria o al cinema. Ma le riflessioni e le considerazioni, per esempio, sul significato originale di questa ricorrenza, dove le lasciamo?

donne

In primo luogo, chiamiamola con il nome che le spetta, ovvero, Giornata Internazionale della donna, che ben spiega, o meglio, dovrebbe spiegare il senso di questa ricorrenza, nata per celebrare l’impegno civico, etico e politico di tutti quei movimenti femminili battutisi per la dignità e i diritti delle donne nel XIX e XX secolo.
La sua origine culturale si fa risalire alla II Internazionale socialista, tenuta a Stoccarda nel 1907 e in cui i massimi esponenti del partito posero, per la prima volta, la questione della lotta per il suffragio universale delle donne. Da qui alla creazione della prima Conferenza Internazionale delle donne socialiste il passo fu breve e, dal 1909, la giornata della donna venne resa ufficiale. In Italia, invece, dovremo aspettare il 1922 per avere, su iniziativa del Partito Comunista, la prima celebrazione.

Commemorata, discussa e, spesso, vituperata, la Festa della donna è diventata tradizione anche in Italia, pur dividendo l’opinione pubblica in due schieramenti: chi la ritiene un momento importante a difesa del ruolo della donna, e chi, invece, la “bolla” come evento senza senso e unicamente consumistico.
Personalmente, mi schiero con la seconda “fazione” perché, come tutte le celebrazioni, non serve a nulla, a meno che non le si dia un contenuto, che vada ben oltre lo scambio di una mimosa, di quel rituale così scontato e vuoto.

A questo proposito, mi ha colpito l’iniziativa promossa da Lidia Ravera, scrittrice e Assessore alla Cultura e alle Politiche Giovanili, che sull’Huffington Post lancia una proposta: festeggiare in rete l’8 marzo, raccogliendo tutte le risposte possibili a una domanda provocatoria, ovvero, «essere donne è bello?».
La speranza è ricevere un riscontro da tutti, donne, uomini, anziani, ragazze, perché l’invito a scrivere e, soprattutto, a riflettere a 360° su cosa significhi nascere oggi donna, è aperto a tutti, proprio a tutti, nessuno escluso.

«È bello? È brutto? Ci sono vantaggi o svantaggi? È meraviglioso, ma pur sempre faticoso? È una vera schifezza? È una fregatura insormontabile? Oppure, è nobile, meraviglioso? Ci fa sentire piene, complete? È cominciata la nostra rinascita? O sentiamo ancora una strisciante discriminazione? Ci ammazzano una ogni due giorni? Che cosa significa tutto questo? Ci odiano? Ci amano troppo? Gli uomini ce l’hanno con noi? Siamo fragili o troppo forti?».

Le domande di “incitamento” sono tante, anzi, infinite e altrettanto lo sono le risposte.

E voi cosa rispondereste?

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