Ultima modifica 18 Dicembre 2015


La banana è un frutto amato dai bambini
. Il nome stesso è giocoso e facile da imparare. Fa ridere. Quando tiro a calcio con i miei figli, essendo io negato per questo e per ogni altro sport, ho gioco facile a farli divertire evocando la “banana” per descrivere il mio piede maldestro, che butta spesso la palla dove non dovrebbe.

La banana è facile da disegnare: uno spicchio di luna a cui, per gioco, si può aggiungere un paio d’occhi, una bocca, braccia e gambe per ottenere un Mr o una Mrs Banana. O un “baby-Banana”!
Dal punto di vista strettamente gastronomico, il frutto giallo ha, tuttavia, una ben nota – ai genitori – controindicazione nella dieta dei bambini. È astringente. Ci siamo capiti, vero? Il rischio è quello di prolungare la mancata evacuazione al punto di dover usare la subitanea “cura” del clistere, l’agitatore di piccoli intestini che non tramonta mai.

Ai genitori che non vorrebbero vedere il proprio pargolo in balìa di una guerra civile intestinale, non resta che non esagerare nella somministrazione del dolce frutto.

Possono, tuttavia, verificarsi delle fasi di vita infantile in cui si mangerebbero banane a colazione, merenda, pranzo e cena. Ed anche – forse soprattutto – fuori pasto.

Sono i “giorni della banana”, durante i quali le energie mentali, mandibolari, dentali ed esofagee si concentrano ossessivamente sul frutto tropicale (prosciugando in tal modo, come detto sopra, le energie intestinali). Caso vuole che il mio secondogenito – vicino vicino ai tre anni – sia proprio in questa problematica fase.
“Oggi cosa ti piacerebbe mangiare, tesorino? Pasta al forno, cotoletta, pollo arrosto, bastoncini di pesce….?”. Di fronte ad una espressione facciale tendente inesorabilmente al rifiuto, lo smidollato genitore maschio ripiega quasi subito “Se vuoi, ti faccio un toast, un panino col prosciutto, un panino senza prosciutto….” e il tono si fa implorante.
Ma la pietà ancora non rappresenta – a questa precoce età – una nota che il disperato papà possa toccare per indurre il pargolo a più miti consigli. “No, io voglio una banana”. OK, non chiede un alimento particolarmente dannoso per la salute. Il problema è l’ossessiva ripetitività della gialla richiesta. Ed anche le varianti ossessive.

Il piccolo cultore dello zuccheroso alimento impara, infatti, a divertirsi nel ricercare la condizione perfetta in cui poter gustare il medesimo frutto. Comincia a chiedersi, scientificamente, quale sia la temperatura ideale alla quale il giallo spicchio di luna presenti la migliore fragranza, il più piacevole profumo, la più equilibrata dolcezza.

Capita che, all’uscita dal frigo, Mr B. non abbia più, per il piccolo chimico-gastronomo, le caratteristiche ideali. No, troppo freddo. Non c’è assolutamente tempo per aspettare il raggiungimento della temperatura ambiente (figuriamoci, chi si ferma è perduto!). Occorre una azione rapida e capace di produrre risultati immediati.
Il microonde. Touché. Pochi secondi, mi raccomando. Facciamo cinque. La pietanza infreddolita esce dall’ambiente riscaldato senza più il paltò.

Adesso vi faccio una domanda, cari lettori. Secondo voi il frutto tiepido, sottoposto a trattamenti che Madre Natura mai approverebbe, sarà di gradimento del piccolo gastronauta?
Per carità di banana, lascio la risposta alla vostra comprensione e pietà (quella che il mio dolce scimmiotto ancora non ha!).

Alberto Cardino

La redazione del magazine. Nato nel maggio 2013, da marzo 2015, testata registrata al tribunale di Milano. Mamme di idee rigorosamente diverse commentano le notizie dell'Italia e del mondo, non solo mammesche.

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