bambino-che-legge

La scuola è iniziata da circa un mesetto e quotidianamente vedo le colleghe di prima indaffaratissime ad insegnare a leggere e a scrivere a questi piccoletti. Quest’anno ho una quinta e se non ci saranno grandi sconvolgimenti l’anno prossimo dovrei essere assegnata ad una classe prima per cui comincio già a provare ad indossare i loro panni. Il salto da una prima a una quinta sarà duro,molto duro,ma questo è un altro discorso. L’ingresso in prima,l’anno prossimo,poi mi riguarderà da molto vicino in quanto mia figlia inizierà la prima elementare,per cui inizio a chiedermi se sia giusto o meno anticipare il programma di letto scrittura ai bambini che frequentano l’ultimo anno di scuola materna oppure no.

 

Comincio col dire che tra le mie conoscenze e le amichette coetanee di mia figlia, su questo argomento, ci sono molte differenze,ma da sempre. Alcune sanno già scrivere il loro nome e quello dei loro parenti e cugini fino alla terza generazione,altre a malapena sanno distinguere il loro nome. Alcune sanno già praticamente leggere mentre altre non distinguono alcuna lettera.

Mia figlia sa scrivere il suo nome,imparandolo in poco meno di due ore, è curiosa di sapere “che cosa c’è scritto” ma niente di più. Ed io ho deciso di non insistere e di non anticipare niente del programma che affronterà l’anno prossimo alla scuola primaria.

In linea generale sono piuttosto contraria all’idea che i bambini sappiano già leggere e scrivere alcune paroline all’ingresso della scuola primaria perché da insegnante preferisco avere una classe omogenea dove tutti, più o meno, partono dal medesimo punto di partenza. Il programma di prima elementare è lungo e corposo ma fondamentalmente lento almeno per tutto il primo quadrimestre. Anche se fa scena e fa tanto “piccolo genio” avere un figlio che a cinque anni praticamente legge e scrive, si corre però il rischio che il bambino si possa annoiare durante i primi mesi di scuola e l’impatto,specialmente di una scuola nuova,all’inizio è fondamentale.

E’ bene, comunque, che il bambino, verso la fine della scuola dell’infanzia sia abituato a fare delle piccole schede di pregrafismo, ad esempio seguire i trattini, colorare dei ritmi fatte di linee e di figure geometriche, completare le parti del corpo mancanti di una persona o di animale per abituarsi allo spazio grafico di un quadernone e di un quadretto. Avvicinare i bambini alla lingua scritta non deve comunque essere sempre fatto in maniera grafica ma anche con il corpo e con il gioco. Potrebbe essere un giochino carino far loro mimare la forma della lettera utilizzando braccia tronco e gambe o paroline che iniziano con alcune lettere. Insomma: spazio alla fantasia, di giochi possiamo inventarcene migliaia.

E se invece  il bambino invece richiede di essere avvicinato alla lettura e alla scrittura? Se dimostra di essere curioso? La curiosità fa crescere il bambino ed è indispensabile per le nuove conoscenze. In questo caso anticipare qualcosa non fa male, aspettare che ci arrivi a scuola di certo non lo gratifica e non gli dà l’opportunità di crescere come vorrebbe.

Forzare ad imparare un bambino a leggere e a scrivere non ha senso,come non ha senso caricarsi di ansia se a cinque anni non sa scrivere il suo nome o distingue delle lettere. Al contrario,non va bene neanche forzare e reprimere la sua curiosità se invece nostro figlio ci richiede qualcosa di più. Come sempre la giusta strada sta nel mezzo ed in questo caso la mamma è la migliore insegnante.

Arianna Simonetti

La redazione del magazine. Nato nel maggio 2013, da marzo 2015, testata registrata al tribunale di Milano. Mamme di idee rigorosamente diverse commentano le notizie dell'Italia e del mondo, non solo mammesche.

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