Ultima modifica 14 Ottobre 2019

 
Emma Sulkowicz. Questo è il nome di una studentessa americana che forse ha trovato un modo per farsi ascoltare; o almeno ci prova. La ragazza, studentessa della Columbia University, non proprio l’ultima delle ultime sedi di istruzione americane, due anni fa, è stata stuprata. Vi starete chiedendo perché il caso venga fuori solo ora: perché non ha mai osato denunciare il fatto fino a quando ha conosciuto altre due ragazze che avevano subito dallo stesso ragazzo un medesimo trattamento. Starete sicuramente pensando che non ha denunciato l’aggressore perché pensava che la cosa potesse avere delle ripercussioni su di lei, perché magari il ragazzo si sarebbe potuto vendicare.E invece no, la paura di Emma era un’altra e il suo timore non si è rivelato infondato. Aveva paura di non essere creduta e che la sua accusa non sarebbe servita a punire lo stupratore.

violenza

E, infatti, così è stato e pare non sia la prima volta che la commissione istituita per valutare questi casi si riveli così clemente nei confronti di un aggressore. Come tante altre ragazze prima di lei, Emma ha subìto un abuso e poi l’umiliazione di non essere creduta, di essere trattata in modo abominevole dalla commissione che aveva il compio di proteggerla. Le è stato perfino imposto di fare un disegno di come si ero svolto l’atto, tanto i nobili paladini della legge erano increduli.

Ecco, io ho deciso di non prendermela con questo collegio di signori, ho fatto che lasciar perdere. Vermi striscianti ce ne sono un po’ ovunque e di solito li si difende dicendo che è nella loro natura comportarsi in determinati modi. Io ce l’ho con le alte sfere, perché dietro questo comportamento deviato c’è un pensiero altrettanto deviato: bisogna difendere il buon nome della Columbia ad ogni costo. L’onore prima di tutto, la reputazione, l’immagine, anche a costo di adombrare i soprusi. Un discorso medievale. Non solo medievale perché non sta in piedi come ragionamento, ma anche perché ritiene migliore tacere questi atti anziché denunciarli al mondo, come se fosse meglio non parlarne, invece che bandire l’accusato, dare lui una punizione esemplare, di modo che l’università venga chiacchierata per quanto è severa, giusta, integra. E invece no. Si è ritenuto meglio tacere ogni cosa, nascondere e raccontare al mondo la favola della gioiosa università felice, dove regnano la pace e l’intelletto.


Ma Emma ha voluto far finire tutto ciò, non solo per lei, ma per tutte le ragazze che hanno deciso di non parlare per paura di non essere ascoltate. Emma porta con sé un segno di protesta: il materasso su cui è stato compiuto lo stupro. Lo porta con sé perché dice che il peso di quello che le hanno fatto è per la sua anima grave quanto è per il suo corpo trascinare con sé il materasso. Lo porta da sola e, se qualcuno l’aiuta, lo fa non per richiesta di Emma, ma per sua spontanea volontà. Perché certi fardelli si possono condividere solo con chi è davvero intenzionato ad aiutare.

Silvia Gamba

La redazione del magazine. Nato nel maggio 2013, da marzo 2015, testata registrata al tribunale di Milano. Mamme di idee rigorosamente diverse commentano le notizie dell'Italia e del mondo, non solo mammesche.

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