Iperattività e solitudine

Ultima modifica 20 Giugno 2019

Fra i tanti corsi seguiti in passato, uno verteva sui disturbi specifici di apprendimento (cosiddetto DSA). Tra gli argomenti affrontati: il disturbo di attenzione e iperattività.

Oggi, è davvero difficile non avere a che fare con questo tipo di disturbo: sembra una sciocchezza e, invece, causa disagi anche notevoli nei bambini che ne soffrono.

Trovo che iperattività e disattenzione siano tra i mali del nostro tempo. Ne parlo perché noi, per primi, ne siamo affetti e questo influisce drammaticamente sul nostro ruolo genitoriale e sulle relazioni famigliari.

Di fatto, non sono rari gli adulti che hanno difficoltà a rimanere attenti, non hanno il tempo (non se lo concedono spesso) di fermarsi e guardarsi intorno. Che cosa c’è accanto a me, anzi CHI c’è vicino a me?

Siete anche voi iperattivi? Fate la prova.

Ricordate il volto di qualcuno che stava con voi sull’autobus oggi, oppure in fila all’ufficio postale? Io, personalmente, avrei delle difficoltà a rispondere “sì”.

Qualche anno fa, su un quotidiano nazionale, si raccontava di un viaggio su uno dei treni superveloci che collegano Roma con Milano.

Tra rampanti manager al telefono palmare, si era inserito un elemento anarchico: una signora anziana, che aveva, incredibile ma vero, voglia di chiacchierare; prima, si era rivolta al suo indaffarato vicino che, inizialmente, le aveva prestato scarsa attenzione ma, dopo un po’, era riuscita a catalizzare l’attenzione di tutte le persone intorno, che avevano, se non spento, almeno silenziato le loro appendici telematiche, per partecipare a un’animata discussione su temi culinari e altre amenità.

Dunque, sotto sotto, a tutti manca quel momento in cui fermarsi ed essere se stessi.

Come possiamo prestare attenzione a chi ci sta vicino, se non riusciamo a trovare il tempo di fermarci un attimo? Come accorgersi di quello che succede ai nostri ragazzi? Altro che problemi adolescenziali!

Prego: uno specchio per noi, iperattivi, indifferenti, sempre altrove.

Fermarsi implica anche riflettere, pensare, andare al di là del contingente e questo oggi spaventa, perché non siamo abituati a stare insieme con gli altri, a sederci a tavola senza l’ausilio della TV accesa, che monopolizza l’attenzione, non siamo più abituati a guardare negli occi chi ci sta davanti.

Ripetiamocelo: come pensiamo di poter prestare attenzione ai nostri figli adolescenti, se non riusciamo ad avere tempo per ascoltare nemmeno le nostre emozioni?

La solitudine degli adolescenti è una realtà evidente. Basti pensare a quanto tempo dedicano a stare seduti davanti al computer, a parlare con i loro amici su Msn o vari social network – che di “sociale”, poi, hanno ben poco.

Ma noi? La nostra solitudine? La vediamo? Ci facciamo i conti?

Paola Bianconi

 

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