Ultima modifica 6 Novembre 2015
Alle 8 del mattino di ieri (le 12 in Italia) si sono aperti in Uruguay i seggi elettorali ai quali sono convocati circa 2,5 milioni di cittadini per partecipare nelle elezioni presidenziali e politiche, segnate dalla quasi certezza di un ballottaggio fra il candidato del Frente Amplio (sinistra, al governo), Tabarè Vazquez, e lo sfidante del Partido Nacional (centrodestra), Luis Lacalle Pou. Una lotta all’ultimo voto per ottenere la maggioranza parlamentare.
Il presidente uscente, Josè “Pepe” Mujica – che non può presentarsi per una rielezione, ma è candidato al Senato – è stato il primo dei leader politici a votare. Interrogato dalla stampa mentre si recava al suo seggio, ha chiesto agli uruguaiani di “votare con la propria coscienza” e di essere consapevoli che “quella di oggi non è una guerra, nè la fine nè l’inizio dell’Uruguay”.
Ma chi è il presidente Mujica? Tutti lo chiamano “Pepe“. Non porta la cravatta e fino a qualche anno fa nemmeno la giacca: girava in guayaberas cubane e giubbotti in stile country.
Vive in una fattoria, a mezz’ora da Montevideo, a Rincón del Cerro, assieme alla moglie, la senatrice Lucía Topolansky. Amico di Lula, l’ex presidente del Brasile, Mujica è il classico ex guerrigliero “tupamaro” vicino al popolo che, partito dal nulla (la madre era figlia di immigrati piemontesi), ha ottenuto la guida del suo Paese.
Al mese guadagnava circa 10 mila euro e il 90 per cento lo ha donato al Fondo Raúl Sendic, dal nome del leader del Movimento di liberazione nazionale dei “Tupamaros”, per lo sviluppo delle aree più povere del Paese. Così, “Pepe” tratteneva per sé solo 800 euro. Anche la sua pensione da senatore andava in beneficenza.
Dopo aver venduto fiori per una vita e quasi 15 anni di prigione, al Presidente Mujica gli piace pescare e curare le piante (tra il 2005 e il 2008 è stato ministro per l’Allevamento, l’agricoltura e la pesca). Lui ha sempre pensato all’Uruguay come un “paese agro-intelligente”, il secondo stato più piccolo del Sudamerica.
I soldi non gli interessano: ufficialmente, non ha un conto in banca e nemmeno una carta di credito. Praticamente un nullatenente, non fosse per il suo maggiolino celeste (valore 1,500 euro), con cui si è recato a votare. Non ha la scorta.
Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, ha fatto parte del Movimento di liberazione nazionale dei Tupamaros, un’organizzazione radicale ispirata al marxismo e che si rifaceva agli obiettivi della Rivoluzione cubana.
José “Pepe” Mujica, un grande presidente, prossimo senatore.
Paola Lovera