Lo ”specifico adottivo” nella scuola

Ultima modifica 19 Dicembre 2015

Ieri è ricominciata la scuola che porterà con sé le solite mille domande e dubbi che accompagnano noi genitori adottivi al momento dell’ingresso dei figli nel mondo scolastico.

Le prime domande che un genitore adottivo si pone sono se sia opportuno chiedere un trattamento particolare da parte del corpo docenti per il proprio figlio in quanto portatore di una specificità per il fatto di essere ‟adottato”, perché è facilmente più fragile, se, ed in quale misura, tale fragilità e i problemi scolastici che eventualmente un ragazzo può presentare possono essere ricondotti alla dimensione adottiva.

Ci si domanda se esiste uno “specifico adottivo” come causa degli eventuali disagi scolastici di questi ragazzi.
Ora, lungi dal pensare che l’adozione sia un handicap visto che moltissimi ragazzi adottivi sono come rendimento scolastico nel media, numerosi addirittura sopra la media, è però vero che l’esperienza di molte famiglie adottive racconta delle difficoltà a scuola di molti ragazzi anche adottati ormai da molti anni.

scuola-adozione

 

Spesso i problemi iniziano proprio gli ultimi anni delle scuole, quindi alle scuole medie e ancora di più alle superiori, mentre gli anni alla scuola primaria, tutto sommato, passano senza grossissime difficoltà.
Pertanto gli operatori del settore sono portati a pensare che sì “esiste uno specifico “adozione‟ nei problemi scolastici dei figli specie nelle scuole di secondo grado, anche se l’esperienza abbandono/adottiva non può essere naturalmente l’unica chiave di lettura di tutti i problemi che si possono presentare, né in sé una condizione necessariamente limitante”.( dott.ssa R. Lombardi)

In virtù di questo ragionamento è facile capire che è possibile inquadrare i nostri figli in quella vasta area che viene raggruppata sotto la dicitura BES, cioè Bisogni Educativi Speciali. -“L’espressione “Bisogni Educativi Speciali” (BES) è entrata nel vasto uso in Italia dopo l’emanazione della Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica“. La Direttiva stessa ne precisa succintamente il significato: “L’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse”.

L’utilizzo dell’acronimo BES sta quindi ad indicare una vasta area di alunni per i quali il principio della personalizzazione dell’insegnamento, sancito dalla Legge 53/2003, va applicato con particolari accentuazioni in quanto a peculiarità, intensività e durata delle modificazioni.”  e per il quale si può prevedere un Piano Didattico Personalizzato.

Sono 4 i diversi aspetti che giocano un ruolo importante nella riuscita scolastica, specie dell’adolescente con storia adottiva nelle scuole secondarie:

  1. La specificità del percorso scolastico-formativo prima dell’adozione
  2. Le sfide derivanti dalla perdita della L1 a vantaggio della L2, dove si intenda come L1 la lingua madre di nascita ed L2 la lingua acquisita con l’adozione che diventa seconda lingua madre,
  3. La persistenza di fragilità proprie della storia di abbandono e di istituzionalizzazione subita,
  4. Il dover fare i conti con il passato.

Molto spesso, i ragazzi con esperienza adottiva, presentano difficoltà di attenzione e concentrazione o di apprendimento, una facile distraibilità ed una ipersensibilità a movimento e rumore che mettono a dura prova la loro capacità di concentrazione. Presentano un gap della memoria di lavoro quel tipo di memoria che permette di attivare la possibilità di elaborazione delle informazioni ricevute durante la lezione e una incapacità di riuscire a fare più di una operazione insieme come ad esempio ascoltare l’insegnante e prendere appunti contemporaneamente. Tutto questo si concretizza in grandi difficoltà rispetto all’efficacia scolastica cosa che accentua il senso di incapacità e di fallimento già presente nei nostri figli che presentano bassi livelli di autostima.

L’utilizzo del PDP permette di aumentare l’efficacia operativa dei nostri ragazzi, di rendere il loro percorso scolastico più realizzabile con conseguenze positive sulla loro autostima e la fiducia in sé stessi. Trovare un ambiente scolastico accogliente che contenga e accompagni nella ricostruzione dell’identità questi ragazzi diventa importantissimo anche al fine di evitare un eventuale abbandono scolastico precoce. Un ambiente scolastico che li sostenga, che non li lasci soli neanche nei momenti di “comportamento estremo”, un corpo decente che diventi un prolungamento della famiglia nel sostenere questi “figli” sospesi tra il prima ed il dopo della loro vita, che li “guardi con amore” e che gli dica che” loro sono migliori di quanto dimostrano di essere”, una scuola che “speri al posto loro e gli provi di credere in loro” molto più di quanto facciano loro stessi, diventerà allora terreno fertile per rigenerare capacità e talenti che esistono in ogni bambino.

La collaborazione corpo insegnanti-famiglia diventa quindi un punto nodale affinché questa magia possa realizzarsi e far sì che gli anni che i nostri ragazzi passeranno a scuola siano anni proficui sia per la crescita culturale che, e soprattutto, anni di crescita dal punto di vista personale.

Elisabetta Dal Piaz

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