Miss Italia: una gaffe che fa riflettere su di noi

Ultima modifica 20 Giugno 2019

Povera Miss.
Ne hanno dette di tutti i colori e lei ha un viso così dolce…
Devo ammettere che anche io ho condiviso il post “Avrei voluto mangiare brioches con Maria Antonietta…tanto la guerra la faceva Lady Oscar”.Miss Italia 2016
Rivedendo la scena della gaffe, la prima sensazione è stata quella di affondamento Titanic nello stomaco.
Ma non per le parole. No. In fondo lei sapeva che nel ’42 era in corso la Seconda Guerra Mondiale.

Lei lo sapeva.

Ciò che le è mancata è la consapevolezza di ciò che la guerra ha significato. E anche su questo concordano più o meno tutti. Ma non può essere colpa sua.
La superficialità in una persona, così come lo spessore,  dipendono da fattori esterni, secondo me. Non è genetico essere sensibili per tutta la vita.
Empatici forse…. ma la sensibilità si coltiva. E cresce se viene ispirata costantemente.
Ora chi può dire che la nostra Miss (bellissima, tra l’altro) non sia sensibile? Nessuno. Nella sua vita privata sarà sicuramente una persona dolce, affabile, corretta, fedele. Cosa ne sappiamo?

Ciò che le è mancato nel corso della vita è chi le ha fatto notare che ci sono eventi della nostra storia recente che ancora bruciano e che per questo vanno rispettati in ogni contesto e  non se ne può parlare se non con toni adeguati. Ma ad un minimo spessore culturale, alla sensibilità verso le sofferenze storiche ci si può arrivare grazie a chi, mentre studi, ti fa sentire, vedere, ascoltare una tragedia per ciò che è stata e per le conseguenze che ha avuto.

Quelle cose che ti si stampano in testa, che, se spegni col telecomando, restano comunque accese nella coscienza.

Lo studio non basta.

Testa e cuore (come ho detto agli ex alunni di quinta negli auguri per la scuola secondaria).
I bambini della quinta dell’anno scorso, parlando dell’immigrazione, si sono commossi pensando ai bambini sui barconi e si sono interrogati sul perché scappino dalle loro terre e poi dai centri di accoglienza.
Se ne è parlato in geografia, sicuramente di più delle industrie della Lombardia.
Lasciar entrare i ragazzi nella nostra storia, fargli sentire il momento in cui deve entrare in gioco una sensibilità critica è un dovere.
E non posso pensare che, chi si è commosso l’anno scorso, possa farsi una grassa risata sul fenomeno che affligge le nostre coste.
La serietà su certi argomenti si deve insegnare. Non si può ridere. No.
Ricordo le classi quinte di 11 anni fa. Preparando uno spettacolo teatrale con dialoghi costruiti sui racconti di guerra (la Seconda Guerra Mondiale) dei loro nonni e bisnonni, entrarono così in sintonia con quelle sensazioni che commossero noi e i genitori e persino l’insegnante di teatro (cara Sabrina). Ecco, loro hanno poco più di 18 anni. Non credo che parlando di quella guerra possano mettersi a ridere in pubblico su un palcoscenico, ma neanche a Corso Vannucci.
Forse ci siamo dimenticati (senza generalizzare, ovviamente) di dire al momento giusto ai nostri ragazzi “qui non c’è proprio nulla da ridere”. Non dovremmo tollerare la superficialità di fronte alla sofferenza anche se risale a 80 anni fa.
Se non glielo spieghiamo noi il rispetto per certi fatti, se ogni giorno non gli facciamo notare che la superficialità non paga in nessun contesto, chi lo farà?

Ylenia Agostini

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