Non insegnate ai bimbi la paura dell’uomo nero

Ultima modifica 6 Novembre 2015

 

Quando ero piccola la scuola era piena di bambine bianche. Cioè: non proprio bianche,  anzi, ce n’erano anche di più scure. Parecchio scure. Nella mia terra siamo normanni, arabi, spagnoli, turchi, nordafricani, e chissà quanti altri sono passati a colonizzare e rimanere, generare figli, discendenze. Abbiamo tutti quanti un sangue rosso, questo si, ché se ne vedessi di colore differente un po’ mi stupirei, ma giusto un attimo. Chi sono io, in fondo, per decidere di che colore deve essere il sangue di chi vive sulla Terra?

Comunque sia ricordo che non c’era la percezione della differente etnia di provenienza. Andava tutto bene, o quasi, perché eravamo tutte a compiere rito di preghiera nel rispetto di un’unica religione, l’unica bambina esclusa, testimone di Geova o avventista o chissà cosa, restava quasi in punizione, se uscivamo in strada i bimbi “bianchi” ci facevano i dispetti, chi ne faceva troppi veniva richiamato dalla mamma o dal papà.

Quando mi@ figli@ cominciò ad andare a scuola c’erano già le classi miste. Miste di sessi e miste di etnie. C’erano nordafricane di prima generazione. Figli di immigrati arrivati con imbarcazioni di fortuna dopo aver attraversato il mare. Il colore della loro pelle era quasi come quello di tante altre persone che conoscevamo, però perfino il siciliano più dotato di melanina ogni tanto si sentiva in dovere di dire “quello è un marocchino“.

Mi@ figli@ è cresciuta con queste amichette “straniere”, così ha imparato a gustare pietanze piccanti e a comprendere qualcosa di più della loro cultura.

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