Ultima modifica 25 Giugno 2013
Che belli, a 11 anni, i pomeriggi a casa dei compagni di scuola! I compiti, più in fretta che si può, ma soprattutto i giochi, un po’ play station, la cameretta dell’amico come un territorio scherzi e confidenze off limits per gli adulti, tanto mamma e papà sono tranquilli perché sei al sicuro, in una casa amica.
Se poi la mamma dell’amico ti offre un po’ di birra è anche più divertente, ti senti un ragazzo “grande”.
Ad un undicenne di Auckland, in una situazione idilliaca del genere è però accaduto l’inimmaginabile. La mamma trentaseienne del suo compagno non solo l’ha fatto ubriacare, ma più e più volte ha avuto rapporti con lui, è addirittura rimasta incinta, e ora quel ragazzino è padre di un neonato.
La storia è arrivata sui media di tutto il mondo dopo che il preside della scuola, che aveva ricevuto la confidenza del suo allievo, l’ha denunciata
Pare che in Nuova Zelanda non sia punibile come reato la violenza di una donna, che ci sia bisogno del parere di una équipe di esperti, appositamente incaricati dal ministro della giustizia, Judith Collins, per capire se nel fatto siano integrati gli estremi di un reato.
Eppure la Nuova Zelanda è tra gli Stati che hanno aderito alla Convenzione dell’ONU sui diritti dell’infanzia del 20 novembre 1989, che all’art. 19 impegna gli Stati ad adottare «ogni misura appropriata di natura legislativa, amministrativa,sociale ed educativa per proteggere il fanciullo contro qualsiasi forma di violenza, danno obrutalità fisica o mentale, abbandono o negligenza, maltrattamento o sfruttamento, inclusa la violenza sessuale, mentre è sotto la tutela dei suoi genitori, o di uno di essi, del tutore e dei tutori o di chiunque altro se ne prenda cura».
Perché questo è avvenuto. Non è un ragazzo che fa sesso con una donna adulta: è un bambino,ubriaco o no, che non può comprendere e volere consapevolmente il rapporto sessuale. E’ esattamente quel fanciullo vittima di violenza sessuale, mentre era affidato ad una persona adulta che doveva prendersene cura, a cui si riferisce la Convenzione.
In Italia, come in molti altri Stati, gli atti sessuali tra un maggiorenne e una persona minore degli anni 14 sono sempre puniti come violenza sessuale (art. 609 quater c.p.), e anche se la violenza sessuale femminile è – per la natura della fisiologia umana – più difficile a praticarsi, per la legge non ci sono distinzioni tra violentatori uomini o donne, posto il principio di uguaglianza dell’art. 3 Cost.
In altre parole, anche se il bambino fosse consenziente, il suo consenso non giustifica chi approfitta di lui e della sua fragilità, normale per l’età.
Chi approfitta di un undicenne certo non è a posto con la testa, magari la signora in questione cercherà di scampare alla condanna – sempre che un reato per cui imputarla si trovi – adombrando il sospetto della sua insanità di mente, ma non può passare l’idea checi sia sempre un disturbo psichico in chi violenta un bambino, a meno di volerscusare per la malattia mentale ogni perversione, gravissima come questa.
Senza dire che qui, come del restonel caso della mamma bambina in Brasile, di vittime innocenti che ne sono due: l’undicenne e il suo figlioletto appena nato, che non potrà mai avere un vero padre. E che per madre ha una donna simile.
Bianca Villa