Pavor Nocturnus: cos’è e come affrontarla

Ultima modifica 13 Aprile 2017

“Si sveglia di notte, è inconsolabile, non riesco a tranquillizzarlo, piange fortissimo!”, mi disse una volta una mamma.
È mai capitato qualcosa del genere al vostro bambino?
Se questo succede ai bambini a partire dai 3 anni circa, allora siamo di fronte a episodi di “pavor nocturnus” o terrore notturno.
Vi spiego brevemente di cosa si tratta.

È un parziale risveglio dal sonno profondo, accompagnato da grida, agitazione, ansia molto forte, sintomi quali sudorazione o tachicardia. Quando il bambino vive questi momenti, diventa inconsolabile e, se svegliato, appare confuso e disorientato.

Solitamente, ciò avviene poco dopo l’addormentamento e dura indicativamente qualche minuto.
Il bambino, il giorno dopo, non ricorda l’accaduto.

Questo fenomeno, secondo i vari studi, accade principalmente ai bambini tra i 3 e i 10 anni circa ed è diverso dai classici “incubi”, poiché generalmente questi ultimi vengono ricordati dal bambino, avvengono in una fase del sonno diversa ovvero quella “rem” e nell’ultima parte del sonno.

La mamma di cui sopra non sapeva proprio come gestire questa situazione con il proprio bambino.
Lui, si svegliava quasi tutte le notti, da qualche settimana, e di corsa andava nel lettone dei genitori, piangendo terrorizzato. La mamma cercava di consolarlo, di abbracciarlo, di cercare di capire che cosa stesse succedendo, se avesse fatto un brutto sogno. Ma il bambino non diceva nulla. Piangeva e basta, agitato, tutto sudato, inconsolabile.

La mamma diceva che le sembrava come se il suo bambino non ascoltasse.
Dopo un po’ di coccole, tutto passava e il bambino proseguiva il suo sonno, a volte nel lettone tra mamma e papà.
Proprio così.


Quando avvengono questi pavor, i bambini sembrano “sconnessi” dalla realtà, non sono coscienti di ciò che sta succedendo in quel momento ed è anche per questo motivo che il giorno dopo non ricordano l’accaduto.

Le emozioni che il bambino vive in quel momento sono intense: una paura fortissima, l’impotenza, una profonda solitudine, l’angoscia più totale, l’essere schiacciati o imprigionati dai pensieri e dalle fantasie più orribili.

Credo allora che, come ha fatto questa mamma, non ci siano troppe “soluzioni” al problema, se non l’esserci come figura rassicurante, che fa sentire la sua presenza, anche solo con un abbraccio, e trasmette la sensazione di protezione.

È consigliabile non svegliare completamente il bambino durante questi epidosi, al fine di evitare l’aumento ulteriore di ansia ed agitazione.

Dal punto di vista del genitore, è legittima la preoccupazione nel vedere il proprio bambino in preda al panico, perché così sembra, e la sensazione di impotenza.
Questa mamma diceva che in quelle situazioni non sapeva proprio cosa fare.
Il comprendere la tipicità di questo fenomeno ha aiutato questa mamma a credere nelle sue capacità di accudimento e a garantire quelle piccole grandi attenzioni che già stava attuando con il suo bambino.

3 COMMENTS

  1. Succede a mio figlio raramente. Quando accade li stringo forte e lo calmo fino a che non si addormenta. In quei momenti effettivamente sembra che non mi riconosca né mi senta.

  2. Sì, i bambini sembrano come “assenti” dalla realtà. È molto importante l’abbraccio che rassicura e calma. Hai fatto bene, Sofia. La vicinanza emotiva del genitore viene trasmessa anche se il bimbo dorme.

    Certo Franco, potrebbe capitare spesso. Nell’adulto è un po’ differente ma allo stesso modo una situazione spiacevole.

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