Sembravo mia nonna, non una giovane mamma.

Ultima modifica 24 Marzo 2021

E’ una prova del fuoco per le mamme: soltanto le più tenaci riescono a saltare l’anello senza ustionarsi. La maggior parte ne esce fuori bruciacchiata, spaventata a morte dalle fiamme per combatterle sul serio. A saltare ci prova, ma non sempre ci riesce.
E allora arrostisce a fuoco lento.

Di che accidenti sto parlando? Della tendenza generale delle neomamme a dimenticare di essere donne, procedura comprensibile, quasi inevitabile, che coglie qualsiasi femmina abbia a che fare con un nano che urla giorno e notte, che si ritrovi a scoprire le tette anche di fronte al parroco, e che non ha più il tempo per farsi una doccia, senza neanche comprendere bene perché.

Il “perché” è lungo una cinquantina di centimetri (trattabili).

L’hai appena sparato fuori dal tuo ventre vomitando epiteti che ti hanno fatto guadagnare un biglietto di sola andata per l’inferno. Il “perché” lo ami da impazzire, ma ti stravolge al punto tale da dimenticare che un tempo sei stata una donna.
Così, almeno, ti raccontano amici e parenti.

E’ normalissimo, e lo dico soprattutto alle neomamme che in questo istante mi leggono con un mollettone di plastica infilato alla meglio fra i capelli – possibili varianti: matita, bacchette del ristorante cinese – mestolo per rimescolare il minestrone.
E’ fisiologico, oserei dire.

Capita, perché tuo figlio adesso è nella top ten delle tue priorità ed è impensabile, almeno per i primi tempi, imparare a fare la madre senza perdere pezzi di femminilità per strada. Quello che è un filino anormale è andarsene in giro conciata come una appena scampata da un’esplosione nucleare quando tuo figlio frequenta già la prima elementare.

Gli impegni sono infiniti, lo so.

Perché sono madre come voi, e per giunta di un bambino che ai suoi tempi d’oro avrebbe condotto alla follia l’intero staff di Tata Lucia, cameraman e assistenti di produzione inclusi. Non mi ha fatto chiudere occhio per tre anni e mezzo e ho ripreso a lavorare part time quando aveva poco più di quattro mesi, incastrando come la più abile delle campionesse di tetris i miei turni lavorativi con quelli di mio marito, turnista anche lui.

Ce la siamo cavata alla grande, senza l’aiuto di nonni e baby sitter, sempre con allegria ed energia ma senza dubbio non era una vita rilassante, e di tempo per me stessa ne rimaneva…zero. Durante i primi tre mesi di vita di Alessandro mi sono trasformata in una barbona per mille motivi, uno fra i tanti la maledizione dell’allattamento misto, una roba che ucciderebbe l’istinto materno persino di Mamma Coraggio.
Poi, però, un giorno mi sono guardata allo specchio è ho detto “basta”.

Sembravo mia nonna, non una giovane mamma.

Mi sono imposta perlomeno di legare i capelli con un elastico carino, e non con un mezzo di fortuna. Un filo di gel per domare le ciocche ribelli e sembravo già un’altra. Ho realizzato che ci voleva un attimo per stendere un velo di crema idratante colorata che togliesse il pallore cadaverico e stemperasse le occhiaie.

Gloss e matita per le labbra si applicano in meno di trenta secondi, e anche con il bambino in braccio. Truccare gli occhi è un po’ più complicato, ma se il pupo in quel momento dorme, non è del tutto impossibile. Occhio (è proprio il caso di dirlo) ai bruschi risvegli: se si riattiva mentre passate il rimmel rischiate l’accecamento. Ma nella vita chi non risica non rosica, si sa…

Sono gesti minuscoli, ma fanno la differenza. Superare la prova del fuoco è possibile, un passo alla volta. Non importa se per il momento non riuscite più a mettere i tacchi o ad andare dal parrucchiere tutte le settimane, quello verrà dopo.

Perché il “dopo” viene. Fidatevi.

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