Quando il cibo diventa un braccio di ferro tra genitori e figli

Ultima modifica 5 Febbraio 2020

In alcune famiglie il momento della tavola può diventare critico e il cibo un “braccio di ferro” fra genitori e figli.
Ci sono bambini che vogliono sempre gli stessi cibi, altri che mangiano poco e altri ancora per cui si potrebbe evitare di mangiare.
Genitori che, sfiniti da una battaglia logorante che non trova pace, le provano tutte alternando atteggiamenti pazienti ad altri più risoluti.

Ci sono realtà familiari in cui la battaglia contagia tutta la famiglia.
L’atteggiamento del bambino diventa motivo di discussione fra i genitori e di reazioni infastidite da parte dei fratelli

braccio di ferro

Perché alcuni bambini reagiscono così davanti al cibo?

Per quanto ci siano bambini inappetenti e con scarso interesse per il cibo e per quanto ci siano dei periodi fisiologicamente di minor appetito e/o di focalizzazione su certi cibi in particolare, per molti altri la questione è più complessa, in quanto entrano in gioco anche componenti psicologiche.
D’altronde tutto ciò non è così strano se si pensa che il neonato conosce il mondo prima di tutto con la bocca. La prima relazione mamma-bambino, infatti, si struttura attorno alla suzione e all’allattamento che non rappresenta solo un nutrire biologico e alimentare ma anche psicologico, in quanto scambio reciproco di sensazioni sensoriali, emotive e di amore.
Per alcuni bambini, la tendenza a mangiare sempre i soliti cibi, è indice di ansia nei confronti del nuovo.

L’attenzione che mamma e papà danno alla situazione, magari alternando reazioni di preoccupazione e ansia ad altre di rabbia e nervosismo, costituisce paradossalmente un fattore di rinforzo. Così facendo il bambino riesce a catalizzare tutte le attenzioni (per quanto negative) su di sé. Inoltre il rifiuto può essere anche manifestazione del bisogno di auto-affermarsi: “no” significa “decido io”.braccio di ferro

Allora come possiamo affrontare questa situazione?

I bambini possono attraversare fasi critiche col cibo che spesso trovano spontaneamente una risoluzione. Con mio figlio, ad esempio, ho vissuto la fase in cui non voleva le verdure. Ero rincuorata dal fatto che non aveva problemi di salute e cresceva, quindi non mi sono preoccupata e ho continuato a inserire le verdure nell’alimentazione familiare e a presentarle in tavola.
Poi col tempo il bambino ha ripreso a mangiarle regolarmente.

Infatti se serviamo le pietanze in vassoi da mettere in tavola, è più probabile che anche i bambini, spinti dalla curiosità o dall’imitazione, possano prendere qualcosa.
Ricordiamoci anche che i piccoli non amano piatti particolarmente ricchi e abbondanti.
E’ sempre preferibile versare piccole dosi nel piatto oppure meglio ancora, lasciare che si possano servire autonomamente.

Tante volte il comportamento alimentare può migliorare quando si confrontano con coetanei amici (ad esempio, a scuola). Questo perchè i  compagni costituiscono un forte stimolo a provare, sia per effetto dell’imitazione che della “normalizzazione”.
Infine ricordiamoci che il nostro atteggiamento condiziona quello dei nostri figli: se noi genitori per primi siamo sereni a tavola, allora lo sono anche i nostri bambini.

3 COMMENTS

  1. Gentile dottoressa Lemmi,
    ho un figlio di 2 e mezzo che ha la tendenza a mangiare sempre i soliti cibi, altrimenti inizia a piangere e smette di mangiare. Come Lei ha scritto tale comportamento è indice di ansia nei confronti del nuovo. Inoltre a tavola ha dei suoi “rituali”, così li chiamo io.
    Mio marito e io abbiamo provato molti modi per fargli cambiare abitudine alimentare, non di rado ci incolpiamo a vicenda
    Leggendo su internet, ho scoperto che esiste una forma di autismo lieve, chiamata Sindrome di Asperger, dove tra i sintomi ci sono proprio la difficoltà di cambiare abitudini, gesti ripetitivi e anche altri che solo ora mi sto accorgendo essere presenti in mio figlio.

    Dato che su internet è scritto tutto e il contrario di tutto, Le chiedo se sia il caso di far fare a mio figlio una visita da un neuropsichiatra infantile o è meglio aspettare per vedere se sono problemi che svaniranno nel tempo.
    Nel frattempo ho trovato un forum italiano (spazioasperger)in cui si parla di questa sindrome, anche tra genitori con i quali posso confrontarmi, ma ho le idee ancora più confuse su come agire per il bene del mio piccolo.

    Grazie

    • Gent.ssima Mamma,
      la Sindrome di Asperger, come giustamente lei ricorda, è un disturbo che appartiene allo spettro autistico e che presenta sintomi e aspetti molto specifici e complessi che non riguardano solo e tanto il comportamento alimentare, bensì il funzionamento globale del bambino. Pertanto ritengo che se quello che osserva in suo figlio sono solamente alcuni comportamenti rigidi e ansiosi nei confronti del cibo, questo non può essere assolutamente di per sé riconducibile all’autismo.
      Se, al contrario, osserva altri comportamenti e aspetti che la preoccupano, le consiglio di rivolgersi ad uno specialista (neuropsichiatra infantile o psicologo infantile) piuttosto che cercare risposte in siti e forum internet, in quanto il rischio talora è di confondere certi comportamenti e difficoltà con qualcosa di più grave o diverso da quello che è realmente.
      Un caro saluto, Francesca Lemmi.

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