Scuola: il mondo a cui dare colpa se qualche cosa non funziona

Ultima modifica 20 Giugno 2019

Demonizzazione ad intermittenza: scuola – giovani d’oggi.

Adesso va così, quasi che esista un mondo a parte, dannato e chiuso in se stesso, a cui dare colpe: la scuola.
Ma io ho il vizio di mettere in relazione i fatti che accadono.
Ho letto tre storie e le ho viste insieme, per arrivare ad una conclusione attraverso due letture.
1. I due genitori che volevano il 10 per il figlio, perché il 9 non lo rappresentava.
2. I due genitori che hanno picchiato il professore di ginnastica di Avola.
3. La professoressa sfregiata dal suo studente.
Prima, scontata, lettura: sono 3 casi limite in un arco ristretto di tempo, testimonianza di un andamento, ma non della scuola, bensì di una società.
Sì, perché è evidente che la scuola è solo una cartina tornasole del confronto-scontro tra diverse generazioni, ed esprime soprattutto la dicotomia tra l’esigenza di un ritorno ai valori e l’esigenza di soddisfare bisogni personali.
Da un lato si sventola la bandiera Finlandiaforever, dall’altro quella dell’inclusione (nota caratterizzante della nostra scuola pubblica, per fortuna dico io, che non si arrende anche se strappata da mille incongruenze di cui si accorgono insegnanti e genitori dei bambini più fragili).
La scuola è sicuramente il catalizzatore degli scompensi e delle solitudini di tutti, non produce ricchezza materiale (all’apparenza) e anzi, diciamolo, è vista esclusivamente come spesa.

Ci ricordiamo della sua importanza quando ascoltiamo le tristi interviste culturali del Milanese Imbruttito: sorriso amaro.

Seconda lettura che mi esce spontanea.
Nel primo caso due genitori chiedono un voto in più; si sono sentiti lesi in un loro diritto che era forse quello di giudicare gli apprendimenti del proprio figlio? Non so.
Comunque il Tar li ha bloccati, respingendo un attacco alla scuola da un luogo di legge esterno ad essa. 

Nel secondo caso due genitori hanno picchiato il prof di ginnastica, tanto da mandarlo in ospedale.
Il prof sta riflettendo se sia il caso di continuare il lavoro che ama in queste condizioni… lo capisco.
E’ dura resistere e non mi sento di giudicarlo.
Sicuramente quei genitori non la passeranno liscia, ma è ancora la scuola che chiede alla legge di intervenire dall’esterno. 

Fin qui una scuola che non riesce a modificare la realtà da sola.
Una scuola che ormai ha sempre più bisogno di essere difesa dall’esterno.

Arrivo infine alla scuola che invece ci prova da sola a cambiare le cose.

Ci prova lo stesso ogni giorno e nonostante tutto.

L’esempio di questa scuola è, secondo me, l’insegnante di Acerra che ha compreso che si deve giocare a recupero fino alla fine. 

demonizzazione della scuola

E che allora tutti gli insegnanti che lavorano in zone di degrado o comunque difficili devono farsi accoltellare e poi perdonare? NO.
Però, da casa o dalle nostre classi non sappiamo niente di quella professoressa, del suo lavoro, di quanto investe nelle sue mattine. Invece di parlare di “onnipotenza del missionario” si può provare il silenzio e l’ammirazione per un’insegnante che forse ha denunciato più forte di tutti cosa  significa veramente  insegnare oggi e quanto dolore si riceve e si prova in certe situazioni, rinunciando alla parte di vittima per lasciarla al ragazzo.
Missionaria di cosa? In realtà lei la coltellata l’ha presa ed ha deciso di perdonare: il ragazzo ha capito il suo errore meglio che se fosse stato denunciato. Di questo sono convinta anche se ora sembra il contrario.

Ha detto di non essere riuscita, nonostante tutto, ed ha riconosciuto una realtà: il ragazzo è colpevole solo di vivere in una società che non lo aiuta. 

La prof ha dato significato reale ad una delle tante “cit.” che riempono bellamente le bacheche di quasi tutti i docenti…e pure la mia:

“Nessun bambino è perduto
se ha un insegnante che crede in lui”
(tratto da “Le 9 regole della scuola” di Bernhard Bueb)

Lei, a perdonarlo, ha avuto un coraggio ed una professionalità fuori dal comune. Riconosciamolo e punto.
Le eccellenze non ci sono solo tra gli studenti.
E certo che a credere ad uno studente modello, convinto e consapevole, son buoni tutti (e magari fossero tutti così).
La scuola di oggi è in mano agli insegnanti e nessuno si prende la responsabilità di agire concretamente contro la violenza e l’assenza di educazione.
Ben venga un insegnante che mostra una strada “incredibile”per risolvere una situazione di degrado: concedere di recuperare non un 5, ma una vita. Peggio di una sentenza del Tar e di una denuncia. Così la vedo io.
Una persona contro l’inconsistenza di campagne elettorali che parlano di sostegno ai giovani e uno schiaffo a chi parla di scuola dall’esterno, senza starci con i piedi e col cuore.

® Riproduzione Riservata

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