Si stava meglio quando si stava peggio

Ultima modifica 22 Luglio 2015

Nelle grandi città siamo diventati tutti molto diffidenti, scostanti, difficilmente ci avviciniamo a qualcuno senza pensare male, che questo qualcuno ci stia per fregare o peggio ancora, per aggredire. E’ brutto, ma è così. I fatti di cronaca ce ne raccontano di tutti i colori quotidianamente e ormai ci stiamo indurendo l’anima e stiamo trasmettendo questa percezione della realtà anche ai nostri figli. Anche quando vediamo qualcuno in difficoltà, ci pensiamo su almeno un paio di volte prima di aiutare e tendere una mano. E la cosa è anche a nostro discapito, perchè quel qualcuno in difficoltà, potremmo essere noi. Difficoltà banali, effimere, contingenti ad un preciso istante, ma si è soli.

E non cambia molto anche nei piccoli centri…

Si stava meglio quando si stava peggio?

C’era una volta, in una piccola località della costa adriatica, una villetta con giardino a due passi dal mare….
Potrebbe essere l’incipit di un romanzo, invece, è una storia vera.
Questa casetta esiste davvero ed è il luogo dove, dai primissimi anni di vita, ho avuto la fortuna di trascorrere gran parte delle mie vacanze estive.
Era la casa di vacanze dei miei nonni, le grandi finestre venivano spalancate i primi giorni di maggio per iniziare a scaldarla dopo l’umido inverno ed ogni anno si preparava ad ospitare una ciurma composta da tre famiglie, la mia, quella dei miei nonni e dei miei zii. Non era un villone e in quei mesi si imparava tutti a condividere piccoli spazi, a tollerare esigenze e necessità diverse, di orari, di pasti, di riposo…
Per me e mio fratello era l’unica occasione per stare a contatto, così a lungo, con i cugini più grandi che vivevano in un’altra città ma anche per sperimentare la libertà, improvvisare nuovi giochi all’aperto, senza cellulari o IPad, godere del contatto con la natura, farsi nuovi amici semplicemente giocando a pallone in spiaggia. Ricordo il nonno prendersi cura dell’orticello, la nonna che impastava, dalle prime ore dell’alba, per gli gnocchi della domenica, ricordo i filmini, girati dallo zio in giardino con noi bambini e tanto di sceneggiature e travestimenti, ricordo le nostre merende, sui gradini della cucina, con pane burro e marmellata… Sul viale di fronte casa ho imparato ad andare in bicicletta senza ruote, più grandicella ho sperimentato le prime uscite in discoteca e mentre all’alba rincasavo, incontravo mia nonna che si era appena alzata. La porta di casa era sempre aperta ad amici e conoscenti che passavano, magari si fermavano per un saluto e poi rimontavano in sella alle loro biciclette. Si mangiava all’aperto, si andava e tornava dalla spiaggia, ci si addormentava con le finestre aperte per sentire il suono delle cicale o la musica degli stabilimenti in lontananza…

si stava meglio quando si stava peggio
Ma gli anni passavano e si portavano via, oltre alle persone care, anche tanti piccoli riti estivi o abitudini familiari. Eravamo cresciuti noi, erano cresciuti i miei cugini, gli studi lontani dapprima, le richieste di ferie dopo e la casa sembrava essersi svuotata. Sono stati anni di transizione, prima dell’arrivo di fidanzati/e, poi divenuti mariti e mogli.
La nascita della quarta generazione, ha riportato in questa silenziosa villetta il caos dei giochi sparsi in giardino, i capricci pre nanna uditi da tutto il quartiere, le passeggiate insieme in gelateria e le chiacchiere sul terrazzo per riassumere i mesi invernali appena trascorsi.
Il ruolo di nonni è passato dapprima a mio zio e poi ai miei genitori, ma nella vita i cambiamenti che avvengono non sono pochi e per quanto ci piacerebbe lasciare alcune cose sempre uguali, siamo consapevoli che il “vissero tutti felici e contenti” non esiste. Oggi il lavoro e purtroppo, anche la sua assenza, non consentono più lunghi periodi di vacanza, oggi i pericoli, anche nelle piccole cittadine di mare, non consentono più ad un bambino di giocare da solo in riva al mare anche se la mamma è all’ombrellone, perchè bastano pochi secondi di distrazione e…, oggi non è più possibile sentirsi al sicuro nella propria casa, perchè gente senza scrupoli prova ad entrarci a qualunque ora del giorno e della notte, facendoti vivere nella paura e mettendo a seria prova quei concetti di tolleranza e accoglienza profondamente trasmessi dai nostri genitori, oggi non è più sufficiente una partita a racchettoni per divertirsi, devi fare beach tennis, acquagym, zumba fitness, l’happy hour di sushi in spiaggia, il selfie sbronzi insieme….e allora mi chiedo, ma noi come facevamo???
Mi sembra di sentire mia nonna che diceva sempre “ai miei tempi non avevamo niente eppure ci divertivamo tanto e stavamo bene!” Adesso questa affermazione viene a me da farla e forse dipende da due cose:
– sto invecchiando!!
– viviamo in un mondo sempre più difficile!
Considerazioni più o meno realistiche e pessimismo a parte, ciò che mi sono promessa, da quando sono diventata madre, era riuscire a trasmettere ai miei figli i valori familiari di cui sopra, il bello di stare tutti insieme, anche solo pochi giorni, anche solo una volta l’anno, in un posto e in una casa che si tramandano da generazioni, farli godere il più possibile della presenza dei nonni, con i loro consigli e il loro vissuto da raccontare, farli staccare dalla realtà e apprezzare appieno tutto ciò che quotidianamente abbiamo.
Perchè, nonostante le distanze e i differenti ritmi di vita, in questa casa c’è un pezzo di cuore di ognuno di noi e il possente, seppur vecchio, albero di fico piantato in giardino, è sempre lì, a ricordarcelo!!!

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