Studiare, cosa significa veramente

Ultima modifica 20 Giugno 2019

Già con il ciclo prima-quinta precedente avevo iniziato un percorso di studio in classe che ha lasciato bellissimi ricordi e, spero, qualche buon risultato nei piccoli ragazzi che ormai sono alla secondaria.
Ora sono di nuovo in terza… io, ripetente convinta.

La terza è l’anno in cui si spinge l’acceleratore per mettere la quarta.

Sì, una similitudine calzante per dire che è proprio l’anno in cui i bambini acquisiscono consapevolezze su cui è nostro dovere costruire competenze più alte come lo studio.

studiare

Ma cos’è studiare?

Può essere tante cose per i bambini:
– riempire le righe vuote di una verifica
– raccontare ciò che vuole sentirsi dire l’insegnante, dopo aver scritto appunti o letto e sottolineato sul libro
– un bell’8 all’interrogazione per far felice mamma e papà
– un ostacolo difficile da superare da solo, perché “non so mai cosa dire”
– un muro “perché non voglio dire”

Nel corso del mio lavoro, insegnando sempre scienze, le ho viste tutte.
Ma andando avanti uno matura pian piano cosa vuole e, soprattutto, cosa non vuole che sia.

Dopo anni, studiare… non è riempire righe di una verifica, perché il sapere deve avere altri scopi: la competenza dell’argomentare mettendo in relazione, ad esempio.

Non è un raccontino, ma dovrebbe diventare l’esigenza scoppiettante di voler dire ciò che si è imparato.

Non è un 8, ma la soddisfazione intima e profonda di aver messo in “valigia” un mattone in più su cui costruire altri saperi…che poi ,per caduta, ne sono contenti pure mamma e papà.
Non dovrebbe essere un ostacolo, ma una conquista, pur difficile (perché “esistono le cose facili…e poi quelle belle” cit. ), attraverso strumenti concreti forniti da chi sa.
Non dovrebbe mai diventare un muro, perché sarebbe la fine dell’entusiasmo della conoscenza che è nel DNA dei giovani. E se così fosse, avremmo perso per primi noi insegnanti, capaci, a volte, di modificare la “struttura genetica” dell’apprendimento: Lucangeli docet (ascoltatela tutta, bene, fino alla fine)

Studiare è l’atto che porta, o dovrebbe portare, a conoscere cose in modo permanente e qui non ci piove.

Ma conoscere come?
Conoscere perché?
Conoscere cosa?

Mi sono fatta anni fa queste domande e ancora mi rispondo nello stesso modo, con più forza e più consapevolezza.
Per il come, mi sono attrezzata meglio stavolta: un bambino oggi ha la possibilità di conoscere a 360° e quindi io devo fornire l’angolo giro e i “le scarpe giuste” per camminare nelle varie direzioni.
Film con garanzie scientifiche o basi culturali affidabili; siti scientifici o comunque sicuri che si possano iniziare ad esplorare con la guida dell’adulto a scuola (Enciclopedia per ragazzi Treccani, National Geographic, …); libri da cui copiare immagini (basta un pezzo di carta da forno per riprodurre piante, animali, cartine geografiche) e trarre informazioni; racconti e letture da ascoltare, tutto può portare ad espandere la conoscenza e tutto ha la sua dignità e la sua specificità.
La varietà aiuta anche a comprendere che sono io a dover “scegliere” le mie fonti, a seconda di ciò che cerco: internet non è sempre la fonte adatta anche se potrebbe sembrarlo.

Ancora sul “come”, credo che uno studio di gruppo in classe sia la strada migliore per non sentirsi soli nella difficoltà a catena di ricordare ed esprimere e per avere un esperto che guida i vari momenti senza giudicare…per imparare a studiare la verifica è riuscire a dire.

Per il perché non c’è stato bisogno di tante spiegazioni: sapere è importante, è la vita che ti chiede di sapere e la mente di un bambino e di un ragazzo vuole sapere per eccellenza.
A questo proposito, fermarsi un attimo per far “vedere” quante cose hanno imparato in tre anni di scuola, quante abilità hanno acquisito (scrivere, leggere, contare, riflettere in modo sempre più profondo), può essere una buona spinta per proseguire con motivazione il cammino della conoscenza.

Il “cosa imparare” è sicuramente importante, ma non solo al fine di conoscere quell’argomento: si dice che conoscenza chiama conoscenza ed è questo circolo virtuoso che bisogna innescare, senza mai dimenticare di tessere relazioni importanti tra le varie informazioni che altrimenti possono restare bellissime torri di avorio.
Ma in fondo, se si danno i giusti strumenti e lo spazio per potersi esprimere, il circolo virtuoso non è difficile da innescare e si sente forte nel momento in cui dai carta bianca ai bambini… gli stessi che poi a casa chiedono ai genitori di cercare e cercare e cercare, per portarti a scuola pagine di entusiasmo e carte geografiche di scoperte.
Beh, presa questa strada da anni sarà difficile tornare indietro, anche perché non mi sono inventata nulla: è tutto nelle Indicazioni Nazionali. L’unica “unicità e irripetibilità” sono solo loro, piccoli studenti entusiasti.

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